Il mondo del vino rappresenta ovunque una filiera da sola di marginale interesse produttivo, lavorativo, economico, reddituale. 

In Italia il mondo del vino conta 310.000 aziende viticole, 50.000 imprese vinicole, 650.000 ettari di vigne su 13 milioni di ettari coltivati, 11,3 miliardi euro di PLV Produzione Lorda Vendibile, poca cosa.

Ci sono settori e comparti nazionali che da soli valgono di più, ma il mondo del vino rappresenta un perno di un sistema nazionale improntato su turismocibocultura. Inoltre il consumo di vino è fortemente aumentato in periodo di pandemia e con i lockdown, quindi ha anche qualche valenza sociale, conviviale, amicale, collettiva da non sottovalutare.

Come mettere a frutto tutto questo, come valorizzare ancor più un modello di vita e di stile che può servire per esportare nel mondo e dare un peso-valore al BelPaese? Il mondo dell’enogastronomia e dell’agroalimentare italiano, insieme al turismo, vale circa il 25% del Pil nazionale che, scorporando la spesa della macchina pubblica dal bilancio paese,  diventa il 40%.

Vogliamo prendere atto che il maldigerito mega comparto alimentareenogastronomiaturismo, vale molto e vale anche un fetta importante di tasse e imposte che servono a far stare in piedi e dare garanzie a tutto il settore pubblico nazionale e regionale?

Perché si privilegia la vendita commerciale e per strada e non le imprese PMI nazionali?  Ci sono nuove opzioni che l’Italia non ha ancora sfruttato. Perché il Paese Italia è così indietro in certi campi, settori e comparti?

Come tutte le grandi crisi e baratri, c’è sempre una risalita: l’importante è che non si dia una lettura banale e superficiale solo economica e finanziaria. Qui si parla di imprese, entità, persone, spazi, libertà, iniziative che riguardano il singolo cittadino. Come Ovse-Ceves www.ovse.org abbiamo realizzato ancora un sondaggio.

Ovse

Partiamo dalle imprese del mondo del vino come soggetto artefice di una filiera chiusa, dal vitigno alla bottiglia sul tavolo e come co-partecipe di altre filiere.

Oggi le imprese hanno di fronte una sola strada:

  • rideterminare canali e contratti commerciali dei clienti
  • ampliare i canali di vendita
  • i territori e i paesi senza essere schizzinosi ma con la sola certezza del pagamento sicuro
  • diversificare l’export e aumentare i paesi esteri acquirenti
  • predisporre vini e tipologie e prezzi in base alla domanda e non offerta
  • più marketing online assumendo giovani esperti in materia digitale e meno rete vendita tradizionale
  • più concentrazione di imprese in eventi solo promocommerciali
  • più concentrazione di piattaforme, magari una nazionale “italianonline” per il vino e cibo con fondi pubblici come investimento destinato alle imprese
  • non delegare a terzi ma autodeterminare la vendita
  • implementare i servizi e contatti con i paesi che applicano dazi-accise per risolvere problemi comuni
  • implementare servizi con i diversi monopoli di Stato dei vini
  • collegare e legare cibo-vino-turismo-aerei-treni  in tutte le azioni promopubblicitarie
  • aumentare i tempi e le occasioni di “cantine aperte” per le vendite dirette a prezzi contenuti fornendo servizi complementari turistici e culturali
  • chiedere alle banche e ai ministeri finanziamenti a tassi agevolati e di lungo periodo con assicurazione-giuridica sui non pagamenti degli ordini entro 60-90 gg dalla consegna
  • agevolare finanziamenti con ammortamenti del 100% (sono sufficienti) per tutte le azioni e attività di resilienza, sostenibilità, sussidiarietà, green compreso piani di pura pubblicità su canali media nazionali ed esteri
  • azioni e misure che facciano chiarezza e trasparenza sul costo reale e sui ricarichi delle bottiglie senza intaccare la concorrenza leale ma stimolando il consumatore a capire
  • sostenere gli strumenti e le azioni che canalizzano certezze sui vini biologici nel rispetto delle tipologie delle DOCG-DOC cercando anche di concentrare le denominazioni con identità territoriali forti utilizzando anche le norme esistenti sulle “non rivendicazioni”
  • infine ogni azienda vitivinicola fatta esclusione per le piccolissime locali che non esportano, deve avere incentivi, sostegni, agevolazioni e supporti solo ed esclusivamente se punta all’innovazione tecnologica aziendale e commerciale ma con la garanzia assoluta che lo Stato almeno dia al 100% del suolo nazionale il servizio 4.0 e 4 G.

Vino e Turismo

Emerge quindi che, post pandemia, qualunque tipo di ripresa e recupero debba muoversi in un ambito stretto pubblico-privato in termini di “sostegni” diversificati alle imprese, al reddito dei vignaioli, alla conferma dell’occupazione, all’individuazione di competenze concrete e non fuffa, all’azione “nazionale” verso export per nuovi canali, distribuzione moderna, nuovi paesi, nuovi consumatori.

Il Governo italiano, deve sostenere in Europa l’importanza di una Pac 2021-2027 in parte dedicata esclusivamente alle “culture persistenti” arboree come un punto di partenza dell’ecosistema e ecoschema biologico e ambientale da cui partire con il Green Deal  e di una Ocm-Vino rivolta anche al mercato interno dei 27 paesi europei.

Giampietro Comolli

Agronomo Economista Enologo Giornalista

Accademico Vite e Vino

Consulente Distretti Produttivi Turistici

Docente Storia Economia Vite e Vino

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