Fattoria Santo Stefano è un piccolo borgo circondato di viti e ulivi a Greve in Chianti. Prende il nome dalla chiesa sconsacrata di Santo Stefano Collegalle. Acquistata nel 1961, come casa di vacanza, dall’Avv. Mauro Bendinelli, ha contato 60 vendemmie.
La conduzione dei vigneti avveniva grazie ai mezzadri. L’avvocato Bendinelli si è man mano incuriosito fino ad occuparsene in prima persona. Vino sfuso e poche bottiglie. La passione aumenta con il tempo e viene trasferita ai 6 figli, Maria, Chiara, Anna, Bruno, Agostino e Elena Bendinelli, che, dopo gli studi, entrano gradualmente in azienda arrivando nel 2000 a fondare la società.
Da quel momento si assiste ad una profonda riorganizzazione aziendale che vede interventi sia in vigna che in cantina. Reimpianto di nuovi vigneti, scelta dell’enologo, investimenti sulla parte di vinificazione e affinamento.
Per festeggiare i 60 anni di attività, i 6 figli, hanno organizzato una verticale in barricaia con degustazione di vecchie annate.
Arrivo alla tenuta dopo il tramonto. L’ultimo tratto di strada è sterrato e buio. L’accoglienza calorosa mi fa subito sentire a casa. La cena è “in famiglia” con i piatti della tradizione, ribollita, faraona ripiena e anatra all’arancia. Una serata che porterò nel cuore. Difficile trasferire a parole le emozioni che ho provato.
Per la degustazione in barricaia sono stati riuniti sommelier, blogger e giornalisti. Leonardo Romanelli, sommelier, gastronomo e giornalista introduce l’evento insieme a Giampaolo Chiettini, enologo della tenuta. Otto assaggi di Chianti Classico 2006, 2007, 2008, 2010, 2014, Magnum, Chianti Classico Riserva il Drugo, 2016, 2017, 2018, raccontate nei dettagli. Otto vini che descrivono il territorio evidenziando la capacità del vitigno di adattarsi ad un terreno ed ai capricci del clima. Otto assaggi che narrano la storia enologica dell’azienda e la filosofia altamente selettiva.
Sangiovese in purezza per tutte le annate, fermentazione in vasche di cemento, acciaio ed infine in botte.
2006 – annata regolare senza estremi. Nessuna gelata, temperature non troppo alte non troppo basse. Caratteristiche che si ritrovano nel bicchiere. Un vino equilibrato. Delicato e persistente. Tannino misurato, alcool che non copre, corpo non ingombrante. Piacevolissima freschezza. Naso fresco, erbe aromatiche. Un vino che si è mostrato piano piano, cha ha avuto bisogno di tempo ma che ha saputo sorprendere. La mia bottiglia preferita.
2007 – annata estrema, calda. Un calore che si ritrova nel bicchiere. Sentori di frutti rossi, mora, lampone, prugna. Un sorso caldo e potente, muscoloso. Tanta concentrazione, alcool. Un vino morbido. Meno acidità e meno persistenza rispetto al 2006, meno appeal.
2008 – annata equilibrata dal punto di vista climatico, con un andamento simile al 2006. Buona fioritura e nessun evento traumatico per le uve. Naso fresco con sentori di erbe aromatiche. All’assaggio maggiore concentrazione rispetto al 2006, un vino equilibrato che mi ha emozionato però, meno del 2006.
2010 – annata più fredda che ha originato un vino fine al naso, poco intenso e poco complesso. Erbe aromatiche, piccoli frutti rossi in confettura. Sentori terziari di tabacco. Buona freschezza.
2014 – Non è stato considerato un grande anno eppure ha regalato grandissimi vini. La verticale ha previsto, per il 2014 una Riserva in Magnum: doppia provocazione. Inverno caldo, piogge, marciume. La scelta dell’enologo è ricaduta sulle uve del Cru Sobole. Terreno magro e secco, tenuto in quell’anno, perfettamente idratato dalla pioggia. Uve con una maturazione lineare. La migliore annata per quell’appezzamento. Un vino fine, poco intenso ma elegante già al naso. Un sorso raffinato con buona freschezza e acidità. Morbidezza e persistenza. Un vino equilibrato in cui si percepisce tutta la competenza dell’enologo.
2016 – annata perfetta. Un vino di carattere con sentori di piccoli frutti rossi, lampone, ribes, mora, violetta, terziari accennati. Al sorso freschezza e tannino ben presente.
2017 – annata più asciutta. Al naso poco intenso, all’assaggio ho trovato un tannino scalpitante. Caldo, buon corpo.
2018 – un gioiellino. Un vino elegante, fine sia al naso che all’assaggio. Croccante, con un frutto prolungato. Un vino che invita continuamente a nuovi sorsi. Freschezza, persistenza.
Dopo la verticale abbiamo avuto il piacere di degustare questi vini in abbinamento ai piatti dello chef Matteo Caccavo dell’Osteria Il Pratellino. Un pranzo servito nella barricaia della fattoria. Piatti semplici ma gustosi: passata di lenticchie, cavoli e broccoli con cialda di pane fritta, carabaccia di cipolle rosse toscane con ravioli alla ricotta gratinati al Gran Mugello, risotto alla zucca e salsiccia di cinta senese con crema di caprino e mandorle, arista di cinta senese con passata rustica di carote allo zenzero, zuppa inglese all’Alkermes di Firenze. Piatti che hanno esaltato i vini della Fattoria Santo Stefano.
L’ho fatto più volte personalmente, ma ringrazio pubblicamente la famiglia Bendinelli per avermi fatta sentire “in famiglia” durante la mia permanenza e Milko Chilleri per il graditissimo invito.