Lino Maga. Bastano il nome e il cognome.
Superfluo cercare di descrivere a parole l’emozione vissuta in visita da lui in Oltrepò Pavese, una visita breve, ma intensa. Una visita che ho rincorso per diverso tempo. Un’agenda piena di incontri, la sua. Poi finalmente il mio turno. Lo raggiungo a Broni, nella sua casa, bottega e aggiungerei museo.
Stanze piene di ritratti importanti con Gianni Brera, Luigi Veronelli, dediche, riviste, articoli di giornale con appunti appesi ovunque. Oggetti che raccontano la sua vita, il suo percorso, le sue battaglie, la sua determinazione, forza, coraggio.
Avrei voluto intervistarlo, ma sono stata rapita dal suo racconto, libero. Una voce pacata, sottile, resa roca dalle sigarette che accende una dietro l’altra. E allora pubblico semplicemente le sue parole.
Già da bambino assaggiavo il vino e coltivavo la vigna. Ho cominciato a 6 anni e l’anno scorso ho fatto la mia 83esima vendemmia.
Quindi non è che ci confondono le mode, i disciplinari, il nuovo, i prodotti tipici. Il vino di qualità c’è o non c’è. Solo che oggi per fare un vino di qualità si rischia di andare fuori legge.
Perché il disciplinare impone: solfiti imposti, tutte cose imposte. Ti dicono come devi lavorare la tua vigna, come se tu, agricoltore, non lo sapessi. Io non ho mai guardato i disciplinari, faccio il vino come 2000 anni fa, senza uso di filtri.
Prima le colline erano tutte vigneti, ora bosco. Preferiscono mettere le viti dove è possibile lavorare con le macchine e ne fanno del brodo. Ci sono vigneti oggi che sono come il muro di Berlino.
La mia vigna è difficile, 70% di pendenza. Tutto a mano. L’anno scorso ho fatto la vendemmia, ma facevo fatica, faticavo ad arrampicarmi.
Il vino deve essere naturale, il vino è poesia, è nutrizione, non è una bevanda. Il mio vino è una spremuta di uva, poi c’è la geologia, la pendenza, il luogo, l’ambiente, il clima. Fattori dimenticati.
Biologico, biodinamico… non si guarda più nemmeno la luna. Non è stregoneria contadina, la luna, è scienza. Quando imbottigli? Quando fai le piantagioni? È la luna che te lo dice. Quando la luna è in asse con il sole e la terra c’è l’alta marea e l’agitazione dei liquidi. È la base fondamentale di tutto.
Sennò poi si usano veleni.. se non si ascolta la luna.
Si parla di cultura, ma di coltura non si parla mai. Adesso abbiamo la vendemmia ed io fatico a trovare persone disposte a lavorare nella mia difficile vigna. E poi la burocrazia.. ma in vigna tu hai bisogno subito: 18 ettari su colline vocate per bacca rossa, 10 ettari sono fermi per la burocrazia.
Oggi mettono vigneti dove non ci sono mai stati, oggi importano vigneti che non sono del territorio e che non c’entrano con la tradizione dell’Oltrepò.
La legge si mette sempre di traverso con lei.
Io amo leggi e regole, ma le normative chi le fa? C’è troppa incompetenza ed ignoranza. Grazie a Dio c’è la gente e la gente sceglie i suoi prodotti. La gente disperatamente cerca prodotti genuini che non trova più.
E se non si capiscono queste cose.. l’importante è credere nel tuo lavoro, mi preoccupa il fatto che i giovani non possano inserirsi. Registri, telematica, sono richieste tutte cose che tolgono tempo prezioso al lavoro.
L’agricoltura è a cielo aperto, adesso comanda l’industria. Se si dovessero fare le cose semplici, si dovrebbe copiare il modello francese. Dal 1866 impongono di scrivere chi fa il vino in etichetta. Solo così si potrebbe dare un rilancio ai giovani. E garanzia al consumatore e aiuto al produttore. Non le mance o i contributi, milioni che non arrivano al viticoltore.
La vigna va curata, la terra fa il vino. E la terra ha bisogno dell’uomo, se l’uomo non c’è più…la terra è li che aspetta l’uomo.
Adesso troppe cose sono storte e il mondo sta cambiando in modo sbagliato. Si tutelano i grossi numeri, dei piccoli numeri nessuno parla più. Oggi si parla di commercializzazione, non di produzione. Oggi è solo politica. Prima avevamo il ministero dell’agricoltura, oggi abbiamo il ministero delle politiche agricole. Oggi stanno omologando il mondo, a qualcuno giova, ma dimenticarsi della terra, ammazzare la terra, è uno sbaglio.
I giovani fanno i conti, 3+2 fa 4 ed i conti non tornano mai. Capisco, lo studio è molto importante, ma la volontà non è da meno. Per usare la volontà ci vuole credo, passione e amore, tutte cose che per il sistema non sono più importanti. Ci va di mezzo sempre chi produce veramente.
Ho una produzione bassa, qui in Oltrepò, 30 quintali d’uva ad ettaro, in vino il 50%. Abbiamo però tante soddisfazioni morali. Io produco 4 bottiglie ma mi mandano bottiglie da tutto il mondo. Il mondo cerca l’italia, siamo noi i primi a fare il vino, abbiamo le terre.
Senza esserne portatore amo la verità, sono un uomo libero e dico quel che penso.
Luigi Veronelli è stato un amico fraterno e mi ha sempre aiutato. Solo qualche volta mi ha preso a calci. Ad esempio con la DOC, io l’ho proposta nel 68 e ci credevo. Ho fatto una battaglia, vinta, abbiamo avuto l’Oltrepo Pavese DOC. Pretendevo la sottodenominazione dei luoghi. Fu accettata col decreto del 6 agosto 1970.
I viticoltori avevano la possibilità di mettere in etichetta Oltrepo Pavese DOC e il nome del luogo.
Veronelli mi era contro, poi si è ricreduto. Mi ha sempre difeso e fino all’ultimo, l’ultimo sole lo ha dato a me. Nel 2003, bocciato dal disciplinare, perchè superavo i livelli dello zucchero. Lui mi ha scritto “non preoccuparti, sono pronto a comprarti io tutto il vino”.
Le cause non vanno mai fatte, ma se qualcosa tocca la tua coscienza e tu hai ragione allora ti devi difendere. Ne ho subite all’infinito di persecuzioni.
Ci vorranno un paio di generazioni per tornare alle origini. Si ritornerà per forza, il sistema non regge.
Il Barbacarlo in Oltrepò
Il Barbacarlo è un vino unico. Viene prodotto con un protocollo che si ripete, sempre uguale, nel tempo. Le vigne hanno in media un’età compresa tra i 35 e i 55 anni, alcuni vitigni, pochi, il secolo di vita. Macerazione di una settimana, maturazione in botti di legno di rovere di slavonia da 20 ettolitri e imbottigliamento a fine aprile, primi di maggio, rigorosamente in luna calante. Croatina, Uva Rara, Vespolina e poca Barbera che invece ha un ruolo predominante nel Montebuono.
Ogni anno diverso, il Barbacarlo è un vino veramente fedele al territorio e alla filosofia di chi lo produce. Un vino in alcuni anni più rustico e in altri più elegante e appagante. In alcune espressioni più severo e in altre più morbido e avvolgente. In alcuni espressioni abboccato e in altre secco.