Piave Heritage: a very interesting project finalizzato alla creazione di Musei d’Impresa.
È di dovere, dissertando di enoturismo, wine and food tourism e di viaggi da farsi sulla scia dei nuovi – ed ancora non segnati – sentieri eno gastronomici, raccontare di un gran bel progetto, ad opera di Forcoop Cora Venezia, che reputo sia non solo molto, molto stimolante ma che sia assolutamente da emulare, copiare ed esportare!
Musei d’impresa? Che roba è?
Una figata!
Sono archivi aziendali. Spazi aperti, multifunzionali e interdisciplinari; ambienti fatti per la divulgazione delle competenze e delle tradizioni di un determinato luogo.
Fatti per tramandare, di quel loco unico e irripetibile, di quel territorio specifico e particolarissimo, di quel determinato areale geografico in cui insistono, il saper fare artigiano e artigianale.
Piazze ideali – dimensionate a misura d’uomo come l’Uomo Vitruviano di Leonardo – open spaces voluti per creare racconto, salvaguardare tradizioni, custodire saperi e tramandare emozioni. Ingenerare conoscenza.
E che quindi, a mio avviso, latori principi dell’essenza più verace del concetto di enoturismo!
La Cultura dei prodotti tipici ed il Territorio: queste le chiavi di volta del progetto “Piave Heritage”: lo stretto rapporto con il territorio è, e rappresenta, appunto, l’aspetto strategico del progetto.
Modernissimi spazi divulgativi, che, anche in modalità virtuale, si qualificano – innanzitutto -come luoghi della memoria culturale, collettiva e locale, ma che sono anche – al contempo – strumenti proattivi ed ergonomici, da utilizzare per produrre contenuti nuovi; sono vetrine scintillanti di una determinata brand heritage, palcoscenici ben illuminati su cui mettere in scena ed esporre in bella vista il logo di una azienda, da cui far declamare la firma d’autore di un territorio bello; i musei d’impresa sono custodi nuovi dell’eredità antica di un determinato marchio territoriale ed hanno il compito di attirare l’attenzione e l’interesse del viaggiatore generalista sui prodotti wine&food tipici di quel territorio in cui quel brand è nato ed è cresciuto.
Questi iper funzionali ed accattivanti spazi sono aperti al pubblico: ci si possono fare degustazioni, ci si può organizzare eventi, o semplicemente si possono visitare; ma non sono solo belli a vedersi: hanno anche – soprattutto direi io – l’encomiabile intento di creare occasioni di incontro tra pubblico e privato, di ingenerare e offrire nuove opportunità di impiego.
Sono pensati per dare il là ad una innovativa fruizione eno-turistica e artigian-culturale del territorio.
Ne hanno modificato la vocazione turistica: se il Basso Piave, a cavallo tra mare e montagna, è sempre stato, solo, o quantomeno prevalentemente, vocato in primis al turismo balneare (i maggiori lidi d’attrazione sono Jesolo, Caorle ed Eraclea) ed, in secundis, alla visita della città d’arte italiana più bella del mondo, Venezia, sin qui mai era stato associato al turismo dell’enogastronomia.
Questo “added value” fatto di cultura dei prodotti tipici e di Territorio” è riuscito quindi a ri-caratterizzare un intero spazio geografico, facendo perno sulla sua tradizione cultural-eno-gastronomica. E ha creato lavoro. La spinta innovativa di questo programma, la sua frizione di rottura col passato, sta nel fatto che una nuova attrattiva turistica è stata innestata su di una già ben nota ed ampiamente fruita da decenni a questa parte.
Chi sceglieva di venire a soggiornare in questi comuni lo faceva perché questo compound era (ed è ancora) considerato una delle zone balneari italiane meglio attrezzate, ben servito, capace di offrire attività ludiche, di svago; perchè punteggiato di discoteche trendy, ricco di locali ricreativi nel lungomare e di servizi alla persona nell’entroterra. Ma il viaggiatore di questi lidi non era davvero mosso dalla curiosità di scoprirne leccornie, prelibatezze e chicche eno-gastronomiche. Ora assume anche attrattiva culturale legata al connubio cibo-vino.
Intento importante e caratteristica peculiare del progetto Piave Heritage è stato il saper inventare un prodotto turistico del tutto nuovo, che era fino a prima inesistente. Come? Arricchendo di un ingrediente nuovo una ricetta già ben consolidata. Che ne ha alterato il sapore finale rendendola, se possibile, ancora più gustosa.
Le attrazioni turistiche create ex novo sono nate da una “tipicità antica preesistente”, che affonda le sue radici in tempi lontani e costituisce ora quell’elemento significativo, identificativo, unico e non delocalizzabile, diventato trave portante della promozione e per la valorizzazione turistica, un catalizzatore innovativo con new appeal per un territorio dinamico, produttivo e già da sempre molto attento al lavoro.
I musei d’impresa sono diventati propulsori per l’economia e la cultura locale, ne valorizzano i “tesori locali” ed i singoli prodotti, “raccontati, descritti e divulgati”, ne hanno acquistato valore aggiunto.
Innovative “sale degustazione fatte di una realtà aumentata” hanno creato – ex novo – itinerari di attrazione turistica eno-gastronomici riplasmando sentieri già battuti, ed ora sono “altra ed aggiuntiva attrattiva”, motivo in più per programmare una visita qui, stimolo nuovo che si somma, che si integra e che si sviluppa a lato ed in aggiunta a quelli già noti per cui si atterrava su questo territorio.
Questi Musei hanno valorizzato i luoghi di produzione tipico- storica in situ, rivitalizzato, dato nuovo sprint a realtà artigianali già “consolidate”, hanno curato l’idoneità storica del prodotto conosciuto facendo sì che di questo traessero vantaggio i lavoratori e le lavoratrici delle imprese coinvolte.
L’apertura di questi poli di attrattiva turistica nuova ha avuto come “effetti collaterali” sia il favorire – pregevolmente – la crescita culturale dei “locals” ed, in particolare, dei giovani indigeni, che il “maritare” felicemente, a quel già ricco e ben organizzato turismo di prima, il nuovissimo turismo eno gastronmico molto trendy ora.
Ad una media impresa storica del territorio sandonatese (famosissima nel mondo enoico e vanto della città veneta) si sono aggregate tre piccole imprese della stessa filiera produttiva: ecco i partner di questa accattivante iniziativa:
Bellini Canella, San Donà di Piave
Cioccolateria Veneziana, Chiesanuova di San Donà di Piave
Cantina Sandre, Campodipietra di Salgareda
Dolci Palmisano, Isola di Burano (Venezia) con sede operativa a Jesolo
Ecco, sono convinta che questo progetto, guidato, condotto e gestito da una gran donna, illuminata e argutissima project leader di cui mi fregio poter essere amica, la mia carissima Patrizia Loiola, che non solo è persona splendida, professionista da prendere a modello, raffinatissima sommelier sin dal 2004, curatrice della guida Slow Wine ed ai vertici i del consiglio nazionale Fisar, ma che è anche e soprattutto esperta in processi formativi, di orientamento e di valorizzazione delle competenze, responsabile di strutture formative accreditate, progettista e docente a partire dal 1986 più di 10.000 ore di formazione tradizionale, esperienziale e di outdoor training, va assolutamente replicato.
Tutti i riferimenti sul portale https://piaveheritage.com