Alto Piemonte, ne avevo sentito parlare con entusiasmo, un conto è però, sentirne parlare, un conto è viverlo.
Ho accettato con estremo piacere l’invito a partecipare al press tour in Alto Piemonte organizzato dal Consorzio tutela nebbioli Alto Piemonte in collaborazione con ATL Turismo provincia di Novara e il supporto di Why Net, agenzia di comunicazione.
È stato un bellissimo viaggio fuori e dentro il calice. Protagonisti indiscussi i territori e le denominazioni poco conosciute: Fara, Sizzano, Boca e Ghemme.
Il primo appuntamento è a Briona, DOC Fara, con Francesca Castaldi che ci ha accolti in vigna. Francesca ci racconta la storia della sua famiglia, da tempo custode di questo territorio. Un territorio privo di acqua in cui, nell’impossibilità di dedicarsi a varie colture, la famiglia si è concentrata sui vigneti.
Due parole sul passato di questa zona del Piemonte che è stata per lungo tempo zona industriale e che ha visto la sottrazione di manodopera alle vigne e l’espianto delle viti. Da qualche anno si assiste a un “ritorno alle origini” con il reimpianto delle viti sui terreni che erano stati impoveriti dal massiccio uso di diserbanti. Il vigneto di Francesca è stato ripiantato nel 1997. Le lavorazioni avvengono a mano, la conduzione è biologica.
L’ambiente qui sembra creato per la vite: argilla che si compatta agilmente, sedimenti misti, ghiaia sui pendii e vento che soffia costantemente, a rinfrescare i grappoli. Francesca ci racconta di un cielo sempre blu anche nelle giornate più calde di questa torrida estate. Il vigneto con Nebbiolo, Vespolina, Uva Rara è circondato dal bosco che porta cinghiali, caprioli e cervi ma garantisce anche tanta biodiversità. Fattori di qualità che si ritrovano nel vino. Il blend che prevede una percentuale inferiore di Nebbiolo arriva da un tempo lontano e da una maturazione tardiva del grappolo. I vini di questa zona erano molto apprezzati nel Medioevo da papi e vescovi. Prodotti per fini liturgici garantivano, allo stesso tempo, una rendita necessaria al sostentamento della comunità ecclesiastica.
Conosciamo grazie a Francesca la popillia japonica, coleottero giapponese (in Giappone simbolo di fecondità). Con una capacità di volo importante attacca il sistema fogliare partendo dall’alto e costringe le viti a lavorare di più per ricostruire le foglie. La tempestività dell’intervento ha salvato i grappoli. Al momento non è stata trovata una lotta biologica e si cerca un antagonista per uccidere le larve.
Raggiungiamo Sizzano, per far visita all’azienda Chiovini Paride e Randetti Maria Elena. Qui c’è “fermento”, tutti sono infatti impegnati nell’attività di vinificazione, mentre le uve bianche appassiscono. Ci viene offerta la possibilità di degustare alcune etichette selezionate.
- Athena, Paride Chiovini, Colline Novaresi, bianco 2021
- La Grazia del Marchese, Comero, Colline Novaresi
- Bona, I Dof Mati, Colline Novaresi, 2019
- Mötfrei, Francesco Brigatti, Colline Novaresi, 2019
- Vespolina, Enrico Crola, Colline Novaresi, 2019
- Fara Doc, Francesca Castaldi, 2018
- Bartön, Fara Doc, Boniperti Vignaioli, 2017
- Sizzano Doc, Comero
- Sizzano Doc, Paride Chiovini, 2015
- Afrodite, Paride Chiovini, Colline Novaresi, Vespolina, 2021
E conosciamo più da vicino “Sizzano”, amato da Camillo Benso Conte di Cavour che lo paragonò nei profumi al famoso Borgogna. Una viticoltura sul versante orientale della Valle del Sesia, altopiano argilloso con depositi fluvio-glaciali, argilla in superficie e terreni più sciolti in profondità a garantire un buon drenaggio.
Più a nord visitiamo l’azienda Vitivinicola Crola e scopriamo il vigneto a “maggiorina”, sistema di allevamento perfezionato dall’architetto Antonelli. Una cantina nuovissima a basso impatto ambientale per un turismo esperienziale legato al vino.
Nella sala degustazione con le vetrate sulle vigne ci viene offerto un calice di Hallé Rosé, Nebbiolo Metodo Classico, color del tramonto.
Sabato 17 settembre, a Villa Caccia, sede del Museo Storico Etnografico della Bassa Valsesia abbiamo avuto l’occasione di approfondire le differenze tra le 4 province, le 8 DOC e le 2 DOCG.
Trenta i vini degustati
- Bianco Colline Novaresi DOC “Il Criccone” Rovellotti Viticoltori 2021, da “Vitigno Innominabile” come riportato in etichetta. Leggerissima nota fumé, grande sapidità e nota di basilico che ritorna all’assaggio.
- Rosato Colline Novaresi DOC “Rouse” La Capuccina 2021, note fruttate, piccoli frutti rossi, lampone e fragolina di bosco, melograno, poi cipria, talco e nota mentolata sul finire. In bocca buona struttura con percezione della parte tannica.
- Uva Rara Colline Novaresi DOC “Valceresole” Castaldi Francesca 2021, freschezza dal primo all’ultimo sorso, dopo un pò di ossigenazione emerge la nota fumé.
- Vespolina Colline Novaresi DOC Cantina Comero di Cominoli 2018, note fruttate, ciliegia e frutto nero, mora, mirtillo, nota vegetale e sentore di pepe nero molto intenso. Fresco.
- Vespolina Colline Novaresi DOC “Afrodite” Chiovini e Randetti 2021, frutta nera matura e pepe nero. Intenso, lo definirei anche “croccante”.
- Vespolina Colline Novaresi DOC “Bona” I Dof Mati 2020, bello in confronto con l’annata precedente degustata il giorno prima. Nel 2019 complessità, morbidezza, mi fa pensare che questo vino abbia bisogno di tempo per assestarsi. Il 2020 regala un sorso molto fresco.
- Vespolina Colline Novaresi DOC “Maria” Francesco Brigatti 2020, al naso molto intenso e complesso. Note di frutta rossa e nera matura, emergono note vegetali. All’assaggio fresco. Le note di frutta in bocca sono meno mature, al contrario della nota vegetale che al sorso diventa “di fieno”.
- Vespolina Colline Novaresi DOC Crola Enrico 2019, vespolina atipica. Agrumi, arancia rossa, sorso succoso, naso che si fa via via più complesso. Nota vegetale spiccata.
- Nebbiolo Colline Novaresi DOC Az. Agricola Platinetti di Fontana A. & G. 2020, piccoli frutti rossi, lampone, ribes, fragolina di bosco. All’assaggio freschezza, tannicità da Nebbiolo. Buona corrispondenza tra naso e bocca, espressione del Nebbiolo da manuale.
- Nebbiolo Colline Novaresi DOC Carlone Davide 2019, spezia dolce, note agrumate di pompelmo, leggera nota fumé, poi frutti rossi, prugna e amarena.
- Nebbiolo Colline Novaresi DOC Ioppa 2021, viola, frutto maturo, balsamicità. All’assaggio un pochino più corto rispetto a quanto immaginassi. Elegante.
- Nebbiolo Colline Novaresi DOC “Faren” La Capuccina 2018, nota vegetale di erba appena tagliata, petricore, in bocca si percepisce il legno.
- Nebbiolo Colline Novaresi DOC “Giulia” Crola Enrico 2018, nota balsamica spiccata, note pungenti, piccoli frutti rossi e neri maturi, all’assaggio morbido. Un assaggio “diverso” dai precedenti. Sembra interrompere un flusso. Diventa un Nebbiolo da indagare, da approfondire.
- Nebbiolo Colline Novaresi DOC “Motziflon” Francesco Brigatti 2018, nota alcolica ben percettibile al naso. Nota speziate di liquirizia, piccoli frutti neri maturi e in confettura. Equilibrio e corrispondenza naso-bocca. Bella la freschezza e la persistenza.
- Nebbiolo Colline Novaresi DOC “Ramale” Torraccia del Piantavigna” 2018, un vino con un buon potenziale di invecchiamento, nota vegetale, di fieno, balsamica, frutta nera matura e in confettura, note evolute di caffè e liquirizia. Proverei a dimenticarlo in cantina.
- Nebbiolo Colline Novaresi DOC “Saggezza” Pietraforata 2019, erba appena tagliata e frutti rossi. Una bella persistenza. Freschezza.
- Nebbiolo Colline Novaresi DOC “Carlin” Boniperti Gilberto 2019, intensità media al naso e in bocca. Nota alcolica evidente, sapidità, bel tannino, freschezza agrumata e una bellissima persistenza.
- Sizzano DOC Cantina Comero di Cominoli 2017, frutti rossi, alcolicità anche al naso, nota vegetale, in bocca composto, buon equilibrio tra morbidezze e durezze.
- Fara DOC Castaldi Francesca 2017, frutti rossi maturi e in confettura. Annata molto calda, ben gestita. Tannino ben integrato. Freschezza all’assaggio. Bella come le sorprese la nota di zolfo e grafite.
- Fara DOC Barton Boniperti Gilperto 2019. Versare e attendere che svanisca la timidezza…
- Boca DOC Carlone Davide 2015, nota vegetale molto importante, frutta rossa e nera matura, sentori di china, radice, erbe officinali.
- Ghemme DOCG Chiovini e Randetti 2017, nota di legno molto spiccata, chiodi di garofano, vaniglia. Bottiglia da dimenticare in cantina.
- Ghemme DOCG Mirù 2017, buona acidità, freschezza. Espressione fedele del territorio, elegante, sorso succoso.
- Ghemme DOCG Dei Mazzoni 2018, gioca più su note fruttate la sua partita anche se sul finire presenta sentori evoluti di sottobosco, ciliegia sotto spirito.
- Ghemme DOCG “Chioso dei Pomi”2015 , nota fruttata e sentori secondari di vaniglia. Un Ghemme da manuale..
- Ghemme DOCG “Il Matto” I Dof Mati, 2017, floreale, con sorprendenti note di fiori gialli, narciso e poi iris. Nota floreale anche all’assaggio e nota vegetale.
- Ghemme DOCG “Vigna Pelizzane” Torraccia del Piantavigna, 2008, un vino molto complesso, al naso e in bocca. Note di frutti rossi e neri in confettura e sotto spirito, sentori di evoluzione di cioccolato, caramello, frutta secca. In bocca tannino morbido, sorso fresco, elegante. Vino di carattere. In etichetta vengono riportati: gli ettari, l’altitudine, i mappali di provenienza e il numero di bottiglie o di magnum prodotte.
- Ghemme DOCG “Vigna Ronco al Maso” AZ. Platinetti di Fontana A. & C. 2018, frutta cotta, poi erbe aromatiche, rosmarino e timo che mi sono piaciute molto.
- Ghemme DOCG “Vigna Cavenago” Mirù, 2015 corrispondenza tra naso e bocca. Sentori di spezie e tabacco. Bel tannino.
- Ghemme DOCG Santa Fè Ioppa, 2016 frutti rossi e neri maturi, lampone, ribes, mora, fragola e nota di violetta. Una bella struttura vestita di eleganza.
Una breve sosta nel giardino di Villa Caccia, edificio neoclassico progettato dall’architetto Antonelli prima di raggiungere ’Az. Agr. Ioppa. Nata nel 1852 e ora alla settima generazione è la più antica casa vitivinicola a conduzione familiare del territorio compreso tra i comuni di Romagnano Sesia e di Ghemme. Visitiamo la cantina modernissima inaugurata da poche ore e attraversiamo, con la mente, più di un secolo di storia. Sotto terra, i tini tronco-conici in rovere di Slavonia invecchiano i vini prima della messa in commercio. Un corridoio stretto accoglie nelle nicchie bottiglie datate e preziose.
Tornati in superficie visitiamo le vigne della Società Agricola Torraccia del Piantavigna. Percorriamo in auto strade vecchissime immerse nel verde. Una sensazione da pelle d’oca. Mi sembra di attraversare la Francia. Boschi fitti che filtrano una luce calda, custodiscono le vigne, come uno scrigno. Prima del buio la visita alle vigne di Davide Carlone, Boca, denominazione più a nord della provincia di Novara.
Una prima occhiata alla vigna nuova, disegnata su una grande pendenza. Si percepisce già la fatica. Un senso di precisione, rigore, ordine che ritroviamo anche nella vigna che si prepara alla vendemmia. Grossi pali di legno riportano il tipo di portainnesto e di clone. Quanta passione! Una passione lunga tre secoli. Una passione che è fatta di connessione con la natura. Rocce vulcaniche dovute all’esplosione del supervulcano.
Il tour ha compreso la visita alla Cupola di San Gaudenzio, salita fino in cima con imbragatura ed elmetto. Grazie a Kalatà, gradino dopo gradino siamo entrati nella mente di Antonelli e nel suo progetto più volte modificato.
Abbiamo ripercorso più di quarant’anni di storia, vivendo i timori, il coraggio, la determinazione, la grinta dell’architetto. Dall’alto una vista ampia sulla città di Novara e la sua campagna. All’orizzonte i grattacieli delle archistar che hanno disegnato “la nuova Milano”.
Meritatissimi, una volta scesi, i bis-cotti e tris-cotti di Camporelli.
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