Storia del Barolo in tre atti: Pre modernismo – modernismo – Post modernismo
L’evento è stato organizzato da Francesco Bonomi con Francesco Mastrosimone grazie ad Augusta Boes presso la Cascina Fontana di Perno.
L’obiettivo della degustazione a cui preso parte domenica 6 maggio, è stato mettere a confronto vini prodotti con lo stesso vitigno sullo stesso terreno ma da produttori diversi, in annate diverse e scoprire le differenti interpretazioni.
Vitigno e territorio offrono una immensa possibilità di espressione grazie al loro vasto potenziale.
Il potenziale riconosciuto al Nebbiolo e quello di dare origine a dei vini semplici, senza grandi discorsi enologici, ma eterni.
vitigno + terreno = connubio incredibile
Provo a riportarvi il racconto di Mario per cercare di farvi vivere quella che è stata la mia esperienza.
Pre-rivoluzione, storia del secolo scorso
Nell’800, in Piemonte, si produceva un vino dolce frizzante, senza controllo di fermentazione. Il vino non era stabile, ma era già considerato importante, infatti i Savoia decidono di investire proprio su questo vino.
Il punto di svolta è stato dare al vino stabilità. Una stabilità nata anche per venire incontro al “servizio alla russa” che proprio in questo secolo fa la sua comparsa sulle tavole italiane: un vino per ogni portata. Il Barolo, con la sua austerità, nasce per accompagnare la selvaggina.
Alcuni personaggi hanno contribuito a scrivere la storia del Barolo: Cavour da origine al Barolo secco e Vittorio Emanuele II acquista Fontanafredda. Nel 1800, infine, nasce la scuola enotecnica di Alba che presta grande attenzione alla qualità.
Nei primi anni del 900 i vini del Piemonte non erano conosciuti, la viticoltura non sempre garantiva la sopravvivenza e si viveva un clima di povertà. Le annate erano molto difficili, caratterizzate da primavere fredde e piovose, estati molto corte. Si vendemmiava a novembre, spesso e volentieri con la neve. Non tutti gli anni si raggiungeva la piena maturazione delle uve.
I vignaioli erano ostaggio dei mediatori che stabilivano le regole del mercato. L’uva si vendeva nelle piazze. Qui le stalle avevano il mercato più importante e il mediatore era foraggiato compratore, non stando mai dalla parte del venditore. Il Mediatore, teoricamente doveva garantire, ma non sempre l’etica faceva la sua comparsa.
L’anno 1982 viene ricordato per la sua grandissima estate calda, alla quale nessuno era preparato.
Per la prima volta, per portare a casa un risultato, i produttori piemontesi si sono visti costretti a fare scelte di vinificazioni importanti. Per la prima volta sono entrati in vigna per diradare: azione necessaria per permettere al Nebbiolo di anticipare la maturazione e non incorrere in muffe. I vignaioli sfidano così il castigo di Dio.
Ma questo è anche il momento della critica americana di Parker che solletica in alcuni giovani produttori l’idea di rivoluzione. Si assiste a un grande cambiamento, a un’apertura verso un altro mondo.: il modernismo.
Rivoluzione – il modernismo
Fanno la loro comparsa concetti completamente nuovi in ogni fasi di produzione: dalla vigna alla cantina.
Il modernismo è concentrare, esaltare frutto e materia.
In vigna viene riconsiderata la densità di impianto, viene introdotto il diradamento per avere maggiore concentrazione, per la prima volta si assiste a una vera e propria parcellizzazione. Prima del momento della pigiatura viene introdotto un leggero riposo di 2/3 giorni ai grappoli, per permettere agli acini di perdere acqua, la macerazione diventa più importante e nell’affinamento fanno la comparsa le barriques.
Ognuno di questi passaggi incide sul Nebbiolo.
Il modernismo viene vissuto come un affronto al classicismo che esalta acidità, tannino, sapidità in sorsi eleganti.
Mi è piaciuto molto il racconto di Mario Fontana su questo periodo storico. Lui, rimasto fedele al classicismo ha riconosciuto quanto questa rivoluzione sia stata necessaria. Ci ha accompagnati con vari aneddoti attraverso i secoli e ci ha fatto vivere le ansie, le preoccupazioni, le angosce dei vignaioli durante questo passaggio. Ci ha raccontato delle battaglie scoppiate nelle famiglie per il cambio generazionale e di azioni forti, come arrivare a segare le grandi e vecchie botti dei padri in segno di protesta. Ci ha raccontato la scelta di assecondare i parametri americani come possibilità di aggirare povertà, sofferenza e difficoltà.
Negli anni 90 quindi si crea un gruppo di produttori che iniziano un nuovo percorso: i Barolo Boys. Acquistano vasche, pompa e pressa, riducono le rese per ettaro e affinano i vini in barriques. Alcuni produttori, seguendo l’onda, iniziano a fare il vino perché stufi di dipendere dai negozianti.
Il risultato è stato che il Piemonte ha attirato grande attenzione. In questo momento sono nate collaborazioni tra produttori e strutture ricettive, si è fatta rete nel territorio delle Langhe.
La degustazione
La degustazione è avvenuta alla cieca, le bottiglie sono state suddivise in batterie:
- Prima batteria post modernismo
- Seconda batteria modernismo
- Terza batteria pre modernismo
Prima batteria: post modernismo
Damilano Cannubi 2019
Parte storica, collina molto particolare dove il nebbiolo germoglia tardi e matura presto. Territorio eccellente per la longevità dei vini. Damilano conduce due terreni. Uno più antico e uno più recente. Territorio costituito per il 45% da sabbie, marne di Sant’Agata, calcare.
Le vinificazioni sono separate, la fermentazione avviene ad opera di lieviti indigeni in acciaio. Le macerazioni sono lunghe e con cappello sommerso, l’affinamento avviene in botti grandi di 25/50 ettolitri per 24 mesi. Apparentemente tradizionalista
Pira 2019
Lavorano 3 vigne importanti (monoparcellari): Rivette, Sorano, Marenca, zone di elezione, molto simili tra loro. L’esposizione dei terreni è a ovest e sud-ovest. Sorano è più alto e con terreni più giovani. Presenta meno struttura e meno austerità ma regala vini più eleganti, snelli, verticali
Il vino proviene da vigne vecchie, piantate tra il 1959 e il 1995
Pira utilizza rotofermentatori e fermenta in acciaio per poi passare ad affinamento in botti di 25/30 ettolitri per 24 mesi
Fontana 2019
Possiede tre vigneti. Due si trovano a Castiglione Falletto, Mariondino e Villero e uno a La Morra, il cru Giacchin. Tre terreni e tre cloni differenti. A La Morra il terreno è tortoniano e più giovane. Il vigneto si chiama Gallinotto ed è situato da metà collina verso l’alto. Terreno fertile, molto compatto, argilloso e calcareo con poca sabbia. Qui la varietà è Lampia, più produttiva ed esalta il frutto. A Castiglione Falletto il vigneto Villero è situato su terreni calcarei con buon drenaggio. Non c’è spinta per la pianta. La varietà è Michet e le viti hanno più di quarant’anni. Mariondino è il vigneto sui cui è nata la cantina Fontana nel 1600. Il terreno è sabbioso e compatto.
Le vinificazioni avvengono separatamente per via delle diverse maturazioni. Il cappello sommerso viene gestito con le stecche piemontesi. L’affinamento è di 24 mesi in botti di Slavonia da 25 ettolitri, poi si passa al cemento.
Seconda batteria modernismo
Annata del secolo, un po’ calda con una primavera partita presto. Maturazione precoce. Vino di
Ha 3 ettari a Barolo, 1 ettaro vicino alla collina Cannubi, terreni con struttura e potenza, il vigneto più importante, molto delicato che dona eleganza e finezza, San Lorenzo a nord-ovest, vigneto di 0,3 ettari su un terreno più calcareo che dona più struttura, Rocca Annunziata, 1,3 ettari di eleganza e struttura.
- frutto fresco, note floreali. Un vino timido. In bocca acidità e sentori netti di ribes. Nota erbacea. Nota precisa. Un vino calcolato. Studiato. Un quadro perfetto. Associamo l’assaggio a Damilano e l’abbiamo riconosciuto per la sua precisione. Completezza e finezza.
- frutto dolce, succoso, note di mora ben distinte, erbe officinali. Acidità e tannino spiccati. Verticalità e sapidità. Concentrazione e potenza. Fontana. L’abbiamo indovinato. Le caratteristiche che abbiamo individuato e abbinato a questo produttore ci permetteranno di riconoscerlo in tutta la degustazione. Grande coerenza.
- vino più particolare. Più austero con note più scure. Pensiamo a Serralunga e infatti è Pira.
Siamo stati .. bravi
- nota vegetale, vino più scuro nel colore ma brillante. Note balsamiche, radice, fiore, nota mentolata. Sentori di sottobosco, note scure, apporto importante di legno, cocco. C’è tanta struttura in questo sorso. Vino preciso, intenso, tannino pungente. Note di cannella, e rosa.
- caffè, cacao, toni più evoluti. Più frutto e sottobosco. Sentori terziari spiccati. Buona corrispondenza naso bocca. Tannino pungente.
- più ossidato, sembra il più vecchio, caffè, cacao, rosa. Elegante, equilibrato e armonico. Riconosciamo Fontana. E allora più facilmente abbiniamo Boschis al quarto vino e Damilano al quinto vino.
- colore vivace, speziatura, nota fumé. Frutto succoso. Vino fresco di altitudine. Sapidità e chiusura di agrume. Tannino. Eleganza, il Barolo di una volta. Eleganza, equilibrio, raffinatezza, torba. Sembra un po’ più giovane. Fontana
- lucente, brillante, buona acidità. Sottobosco, note di tostatura e di evoluzione, goudron. Tannino e persistenza, struttura e materia, freschezza, tipicità, grande espressività. Per me è stato difficile indovinarlo alla cieca. Fine, elegante, grande acidità, meno concentrazione. Cavallotto
- acidità, sentori di fiori di campo, come fosse una tisana, albicocca disidratata, cioccolato, eucalipto, frutta sotto spirito, sorso polposo. Complesso completo. Persistenza molto lunga, molto potente Aldo Conterno
- naso meraviglioso. Lucente alla vista, vino estremo ed elegante. Fresco, giovane, vivace, sottile. Fiori e una nota di agrume. Riconosciamo il timbro Fontana. Ha corpo e carattere. Struttura integrità verticalità tensione. Austerità del Barolo. Fresco, aromatico. Dolcezza, sapidità, avvolgenza.
- elegantissimo e ricco, esplosivo. Equilibrio, profumo. Eleganza e finezza. Bartolo Mascarello