La storia della Cantina De Bartoli, produttrice del miglior vino Marsala, è una storia carica di sentimento.
Nella Cantina De Bartoli c’è tutto il sentimento di un uomo per la propria terra, un sentimento profondo che lo porta a scrivere una grandissima, se pur faticosa, pagina della viticoltura siciliana e del vino Marsala in particolare, realizzato esattamente come lo vedeva nei suoi sogni, restaurato in perpetuo, secondo la più antica tradizione del territorio.
Coraggioso sperimentatore, rivoluzionario, testardo, irruento, Marco de Bartoli era questo e molto di più. Con la sua forza e la sua determinazione Marco ha restituito alla Sicilia i valori che l’avevano contraddistinta per lungo tempo. Sognatore, si spende senza compromessi nel suo progetto.
Ho conosciuto i vini della Cantina de Bartoli ad una cena ed è stato subito sentimento. Impossibile non subirne il fascino. Ma parte di questo fascino è la storia dei vini stessi, così mi sono messa sulle tracce della famiglia e, grazie ad un amico, che ringrazierò per sempre, ho avuto la possibilità di conoscere Gipi, la figlia di Marco.
Coi fratelli, Gipi porta avanti il lavoro del padre. È timida e riservata, ma il suo amore per il padre e per i suoi vini trasformano il nostro incontro in poesia.
Lei è arrivata al mondo del vino tramite suo padre, come la introdotta in questo mondo?
In realtà non c’è stata una vera e proprio introduzione, io sono nata e cresciuta, come i miei fratelli, nel mondo del vino. Con un padre come il mio era inevitabile.
È un mondo che ha sentito subito suo?
Non l’ho sentito subito mio, come mestiere.
In realtà ho provato a fare altro intraprendendo studi molto diversi, quindi liceo classico e psicologia. Ma, strada facendo, mi rendevo sempre più conto che la mia vita era in azienda, per la quale mio padre aveva fatto tanti sacrifici e che io ho sempre amato.
Il suo primo ricordo legato al vino?
Essendo cresciuta in cantina, tra botti e vigna, praticamente tutti i miei primi ricordi sono legati al vino, non ne ho uno in particolare.
Il suo primo incontro con il vino, il primo assaggio.
Ciuccio inzuppato nel Vecchio Samperi, siamo stati iniziati tutti così al vino in famiglia, anche i miei nipoti.
Il secondo? È stata una conferma?
In realtà con il vino non è stato sempre amore. A volte l’ho anche odiato perché vedevo che faceva tribolare mio padre, che lo teneva lontano da me e dalla famiglia perché era sempre in viaggio, quindi a volte l’ho vissuto negativamente. Ho iniziato ad amarlo dopo i vent’anni e poi, da quando è diventato il mio lavoro, per me non è solo qualcosa da bere. Ci può essere tanto dietro una bottiglia di vino e solo vivendolo in un certo modo lo puoi capire e apprezzare.
Cos’è il vino per lei?
Il vino per me è una questione molto seria. Non è business, non è un semplice mestiere che fai otto ore al giorno e poi stacchi. È un credo, È la mia vita. Mio padre lo viveva così, e mi ha trasmesso lo stesso amore. Per lui produrre vino in un certo modo era la sua missione, non ha mai guardato ad altro. Puro amore, che è una cosa rara nel mondo del vino.
Una storia legata al vino che le sta a cuore?
La storia del Vecchio Samperi è la più bella. È il vino cui mio padre ha iniziato.
Trovò nel vecchio baglio di famiglia (dove fondò la cantina) delle botti piene del vecchio vino perpetuo, il vino che per tradizione si produce a Marsala da secoli e se ne innamorò.
Nel 1978 Riprese a ringiovanire il sistema perpetuo iniziato dai suoi nonni a inizi novecento, e chiamò questo vino Vecchio Samperi in onore alla contrada in cui sorge la nostra cantina.
Per lui questo vino ha sempre rappresentato la vera tradizione del nostro territorio, il più rappresentativo, ed è rimasto il suo vino del cuore.
Mi racconti la sua storia.
Non c’è molto da dire. Classe 1982, nata e cresciuta a Marsala, bimba molto tranquilla, timidissima, brava a scuola, tutto regolare fino all’università dove non ho travato la mia strada. O forse l’ho trovata proprio perché ho capito che le strade che mi portavano lontano da casa e dall’azienda non mi appartenevano.
Quello dell’università non è stato per me un bel periodo, ho avuto qualche problema personale che sono riuscita a superare proprio grazie al lavoro in cantina e naturalmente all’amore dei miei cari.
Sono felicemente fidanzata da molti anni e la mia vita è totalmente dedita al lavoro in questo momento.
Ora mi racconti la sua storia senza vino
È una domanda che mi faccio spesso, cosa sarebbe la mia vita senza vino? Probabilmente avrei una vita molto più “ordinaria”, nel senso che essere figlia di Marco De Bartoli e lavorare in azienda mi ha dato tante opportunità, conoscere mille persone interessanti e importanti nel mondo dell’enogastronomia, e non solo, e vivere delle esperienze straordinarie.
Io con il mio carattere schivo e timido di sicuro non avrei fatto tutto quello che sono piacevolmente “costretta” a fare per motivi di lavoro, quindi girare l’Italia e il mondo, tenere degustazioni, interviste come questa… Sarei stata sicuramente dietro le quinte e meno esposta al mondo.
Quindi il vino mi da opportunità straordinarie e mi toglie dalla mia “comfort zone”, cioè il dietro le quinte, dove a volte preferirei stare.
Suo padre ha restituito il giusto posto al Marsala
Mio padre volle dare dignità al vino siciliano in generale e al vino Marsala in particolare. Quando ha iniziato negli anni Settanta la Sicilia del vino era famosa solo per fare vini da taglio, si puntava alla quantità, a produzioni di massa e grossolane.
Lui capì prima di tutti, nel territorio, che era necessario dimostrare al mondo che la Sicilia poteva fare ben altro e, naturalmente lui puntò a rivalutare il suo territorio, quindi Marsala ed il vino più rappresentativo. Capì la necessità di un ritorno alle origini del vino, quindi alla viticoltura di qualità, a produrre bene, a esaltare i vitigni autoctoni (che all’epoca venivano estirpati e non considerati) e soprattutto lui puntò alla rivalutazione del vino più tradizionale di Marsala, il perpetuo, che chiamò Vecchio Samperi, e il suo vitigno del cuore, cioè il Grillo.
Ma non dimentichiamo che mio padre nel 1983 iniziò la riqualifica anche del Passito di Pantelleria e delle Zibibbo, anche loro nel dimenticatoio.
Non è stato un percorso facile
Non è stato per niente facile. Essere pioniere non paga, sopratutto in Sicilia. Fu ostacolato e criticato in ogni modo da tanti, soprattutto qui a Marsala.
Lei sta portando avanti con impegno questa filosofia.
Si, per me è importante non far dimenticare quello che papà ha fatto per il bene di tutti (nel mondo del vino) e soprattutto rispettare e portare avanti il lavoro da lui iniziato con tanti sacrifici e difficoltà.
Suo padre ha recuperato una tradizione, andando controcorrente, concentrandosi su vitigni autoctoni ed ha ampliato la produzione su un’isola. E’ stato lungimirante ed ha avuto un grande successo.
Pensando a suo padre mi viene in mente un uomo che riporta a splendore delle opere d’arte, quasi un orafo e allo stesso tempo un uomo di innovazione.
Esatto, è stato proprio così, ha rivalutato la tradizione ma ha anche avuto il coraggio di osare e inventare nuove cose, come ad esempio la vinificazione del Grillo e dello Zibibbo come vini da tavola. Fu il primo. Ha aperto delle strade che oggi percorrono tutti in modo facile.
Iniziare, per lui, fu difficilissimo.
Un’altra passione di suo padre che in qualche modo portate avanti è quella delle auto d’epoca.
Si, papà prima di essere produttore è stato per anni pilota professionista di rally e l’amore per le auto da corsa è sempre rimasto e andava di pari passo con la passione per il vino. Solo che come diceva lui, il vino a volte lo faceva soffrire, le auto erano invece fonte di relax e spensieratezza, sempre. Ma non tanto le auto in sé, lui amava restaurarle, trovare pezzi di ricambio, montarli e smontarli. Questa era la sua valvola di sfogo.
Il vino che più le somiglia?
Non ce n’è uno in particolare, ma amo molto Grappoli del Grillo, un vino austero, complesso, longevo, secondo una grande espressione del nostro Grillo di Samperi.
Quello con cui si sente meno in sintonia?
Amo meno le bollicine, anche se il nostro Terzavia metodo classico mi piace molto.
Terzavia: un metodo classico ancorato alla vostra terra.
Si, primo metodo classico da Grillo, ideato da mio fratello Renato nel 2008. La spiccata acidità del Grillo ne consente anche la spumantizzazione.
Vecchio Samperi: unico, spavaldo, arrogante e irripetibile… lei come lo definirebbe?
Rassicurante. Quando entro in cantina e sento il suo profumo mi da serenità, non so perché, ma credo sia perché per me è profumo di casa mia, profumo di mio padre, della mia infanzia. E poi LUI è una certezza, è sempre lì, non ci abbandona e non ci tradisce mai. È mio padre che continua a vivere. È uno stato d’animo che provo anche con i nostri vini marsala prodotti da lui e che conserviamo ancora.
Le etichette, che significato hanno?
Tutte le nostre etichette hanno un significato, sono state create da un artista, grande amico di papà, Carlo Lauricella e nascevano da sue ispirazioni o dalla necessità da parte di mio padre di comunicare qualcosa.
Quindi ognuna ha una storia e sono state disegnate a mano, non sono frutto di fredda grafica come accade oggi.
Per esempio quella del Grappoli del Grillo: i grappolini disegnati sono stati messi in etichetta per la necessità di mio padre di far capire nell’immediato che grillo fosse un vitigno. Questo perchè nel 1990, quando mio padre per primo uscì con questo vino da uva Grillo, nessuno ne conosceva il vitigno. Tutti gli chiedevano cosa fosse questo Grillo. Quindi chiese a Carlo un’etichetta che rendesse questa comunicazione immediata.
Una parola nel mondo del vino che le piace
CONVIVIALITÀ, il vino è sempre al centro di bei momenti di condivisione a tavola
Una che la rappresenta
E’ troppo difficile definirsi, anche utilizzando 100 parole
Se i suoi vini fossero delle canzoni?
Sicuramente delle canzoni non pop, musica più ricercata e non per tutti.
O dei personaggi?
Nessuno di preciso, sicuramente persone vere, sincere, senza fronzoli o falsità, i nostri vini sono così.