Con molto piacere e dietro espressa richiesta di Anna, (che ringrazio di cuore per le bellissime parole su di me spese, che apprezzo molto soprattutto perché le so sincere e non di circostanza!) aggiungo qualche riga a chiosa del suo articolo e vi racconto come e perché mi è venuta l’idea di creare dei tour in cantina fatti proprio ed appositamente a misura di bambino.
Come Anna anche io sono mamma. Mamma felice anche se un pò “paperina”.
Sin da quando Pietro (mio figlio n.d.a) era piccolissimo mi è capitato frequentemente, e per fortuna mi capita ancora spesso, di visitare cantine, affrontare degustazioni, a volte lunghe e impegnative, con lui al seguito.
Abituato sin da piccolo a frequentare, anche attivamente, aziende agricole dalle più svariate produzioni, avendolo io sempre coinvolto durante le mie prestazioni da consulente in agriturismi, agriresort e/o fattorie didattiche, si muove bene tra caprette, maialini e asinelli. Ed anche tra tini e botti di legno, non lo posso negare.
Ma il momento della degustazione gli pesava parecchio: si annoiava da morire, povero piccolo!
Certo: io degustavo e lui doveva stare fermo, zitto e buono a guardarmi in un cantuccio, aspettando impaziente che io finissi, per andare a mangiare il gelato o a comprare quel regalino che gli avevo promesso come ricompensa di tanta noia.
Quindi, lo ammetto, più per potermi godere gli assaggi che per scrupolo materno, ero solita organizzarmi per procurargli quegli svaghi semplici che lo tenessero impegnato distraendolo almeno una mezz’ora buona.
Mi ero attrezzata e ogni volta che uscivo per un wine tour completo od anche solo per un tasting, mi portavo al seguito come minimo succhi di frutta e merendine. Semplice.
Con la scusa che se mamma assaggiava lui poteva emularla, lo tenevo buono facendogli fare merenda: ed io assaggiavo in tranquillità e senza eccessive distrazioni.
Poi, dopo un paio di volte, mi sono anche evoluta: non portavo più solo la merenda.
Ho cominciato a portare anche qualche giocattolo, pennarelli e fogli per colorare, così che lui potesse divertirsi senza “rompermi troppo”, in silenzio e soprattutto senza arrecare danno alle cantine. No bicchieri rotti, no attentati alle bottiglie esposte!
Purtroppo nessuna azienda, avevo notato, aveva mai fatto caso all’esigenza di mettere a proprio agio le famiglie che viaggiavano con prole al seguito, trovando dei diversivi per i più piccoli. Ed io, fatta di necessità virtù, mi sono arrangiata autonomamente.
Forse, mi dicevo, “scopiazzare” in qualche modo il servizio di baby sitting degli alberghi e delle spa poteva essere una buona idea…anche a La Ciarliana.
Devo raccontarla tutta. Una volta, in visita ad una delle più belle cantine italiane, dove però purtroppo evidentemente agli infants non avevano mai prestato attenzione alcuna, arrivati al clou della wine experience (che avevo peraltro pagato profumatamente e aspettato con esuberanti aspettative), all’inizio della degustazione vengono serviti i vini e riempiti i calici ai presenti tutti … ma non a Pietro, che, in tutta innocente schiettezza, esordì: “Scusi signorina, anche io ho molta sete; potrei per cortesia avere un bicchiere d’acqua visto che io il vino non lo bevo?”
L’accoglienza in cantina è il mio mestiere e il traslitterare le esigenze sperimentate da mamma winery–addicted quale sono al mio lavoro è stata conseguenza naturale.
Tantissimi sono quei turisti che viaggiano con la famiglia e che sono, al contempo, attratti dall’esperienza cantina: un bacino d’utenza ancora quasi del tutto vergine fino a un paio d’anni fa, un potenziale stimolante tutto da sfruttare.
Ma non solo. Soprattutto mi piaceva tanto l’idea di concedere ad altri genitori la goduria di una degustazione epurata dell’isteria dei bambini scatenati. Il regalare loro un momento di benessere e relax in un ambiente considerato di solito off limits per i gruppi con prole.
Effettivamente all’inizio – si parla ormai di qualche anno fa – la cosa risultava stonata, anomala ed anche poco opportuna.
Bambini e cantina? Che accoppiata sghemba!!! E invece ha funzionato. Benissimo.
Durante le prime esperienze di questo wine tour con degustazione particolare, che a La Ciarliana chiamiamo “Il Vino in Famiglia” , https://www.laciarliana.it/esperienze/ focalizzavo soprattutto l’attenzione sugli adulti, e le schede, i disegni da colorare, le cere e pastelli erano solo un diversivo per “sedare orde scatenate di monelli in libera uscita”
Poi mi sono accorta che invece i bambini che mi facevano visita, con i loro genitori, erano molto curiosi, attenti, vogliosi di scoprire un mondo nuovo, volevano proprio capire bene il vino e apprendere come lo si produce.
Mi facevano un sacco di domande (peraltro indiscutibilmente pertinenti), mi raccontavano con entusiasmo di quanto avevano appreso a scuola nelle lezioni di scienze facendo collegamenti molto precisi tra quello che era il mio racconto e quelle che erano le loro conoscenze elementari.
Di volta in volta il mio storytelling si è trasformato un pochino, avvicinandosi sempre più al loro mondo. Al loro lessico.
Ho sempre più preso in prestito da cartoni animati e filastrocche a loro ben noti immagini facili, che gli rendessero il processo produttivo di più immediata comprensione.
Il tour che faccio oggi è proprio ritagliato sartorialmente a misura di bambino, godibile certo anche dai genitori, che ne traggono il vantaggio auspicato sin dall’inizio di una degustazione senza pensieri. Però è ora proprio fatto a misura di bambino.
E con grande mia soddisfazione al termine dell’esperienza – quando li interrogo nella “verifica di fine tour” la cui buona riuscita è propedeutica per vincere il premio in palio– ottengono il massimo dei voti: rendicontano esattamente tutto quello che è stato spiegato loro. Hanno compreso ed imparato tutto.
E io mi diverto una cifra!