Fattoria dei Barbi: vi racconto una delle esperienze più eclatanti ed eccitanti della mia estate da wine lover.
Beh … forse sarebbe meglio narrare questa visita nella patria del Brunello di Montalcino come una delle experiences più stupefacenti e strabilianti tra tutte le eno escursioni che ho fatto, non solo tra queste ultime “autunnali”, (sto per dirvi di una giornata che risale allo scorso settembre, era il regalo per il mio compleanno) ma tra tutte in assoluto: è una di quelle che ricorderò come “visita assolutamente top top top”.
È stato davvero emozionante, lo confesso a cuore aperto, poter approcciare questa cantina, produttrice-guru il cinese che, a buon merito, è considerata una pietra miliare della viticoltura italica. Che, a giusto titolo, è paragonata a un padre fondatore del vino d’autore italiano.
Quando si dice Fattoria dei Barbi si fa riferimento – è innegabile – ad uno dei Probi Viri dell’enologia mondiale, la si identifica, per antonomasia, con le sembianze quasi ancestrali di una Mater Matuta che, per Montalcino e per la Toscana tutta, indossa le vesti leggiadre della Dea del Mattino del Vino, aurora, starting point della filosofia enologica senese.
Dea con il carisma di una vestale, nume protettore della nascita degli uomini del vino e di tutte quelle cose alla vigna collegate.
Non solo a Montalcino la famiglia Colombini possiede terreni dal 1352, (stiamo parlando del Medioevo!!!!) e produce Brunello dal 1892, ma la sua etichetta blu è da sempre uno dei Brunelli più noti e ambiti dai collezionisti dell’ogni dove.
Oggi, tra campi e vigneti, l’azienda consta di 350 ettari, nel Chianti, nella Maremma di Scansano e, ovviamente, a Montalcino.
Fattoria dei Barbi diventa di proprietà della famiglia dalla fine del XVIII ed è attualmente di Stefano Cinelli Colombini, un vate che continua la storia di famiglia (lunga più di sei secoli) e vuole consegnarla ai posteri, facendosi sia custode delle tradizioni e dei valori della cultura Montalcinese, che cantore del legame antico e forte che unisce la sua stirpe a queste terre.
Già il pensiero di approcciare, di fare la conoscenza di questa realtà tanto importante, famosa, illustre e blasonata era per me beh… non mi sentivo – sinceramente – troppo a mio agio, ero un po’ sulle spine, non proprio in imbarazzo ma “in subbuglio… emozionatissima…
Io piccolissima al cospetto di un gigante; io novella eno appassionata e lei, pregna di fama imponente, stava nei miei pensieri come un mostro sacro inarrivabile, ricco di storia, quasi inavvicinabile per la sua grandezza, cui accostarsi con timore reverenziale e cui guardare come esempio e modello cui trarre ispirazione.
Ero sicura che sarebbe stato un po’ come andare ad incontrare un artista di livello e di fama internazionale, di quelli che – prima di essere ricevuti – ti fanno stare ore e ore in attesa in anticamera, di quelli che a stento ti rivolgono la parola, di quelli che dici: “wow ha risposto alla mia mail!”; di quelli che dici: “Ubi maior…”
Il Brunello di Montalcino è un fenomeno unico e irripetibile.
Perché è di qualità indiscussa, perché è un vino amato, esportato e conosciuto in tutto il mondo, perché è icona di stile, esempio magistrale di marketing di successo, perché è sommatoria di tante fortune, perché è tecnologia moderna applicata a saperi antichi, tradizione e abilità dei produttori, suoli, esposizioni, microclima unici, prestigio, storia, leggenda.
Il Brunello è un fenomeno unico e irripetibile…tanto più quello di una brand idolo quale quello di Fattoria dei Barbi.
E in quanto tale – nel mio immaginario – mi aspettavo una accoglienza in cantina poco ciarliera, afasica, anche, se vogliamo, un po’ impersonale, da grande brand del lusso che – proprio in virtù di un presupposto luxury code – poca confidenza concede al semplice eno appassionato, il cui portafoglio – ahimè – non è gonfio come quello di un magnate russo…
Insomma temevo un benvenuto più distaccato, freddo e inospitale di quello che le commesse riservarono a Pretty Woman nel suo primo giro di shopping a Rodeo Drive… (quando la invitarono garbatamente ad uscire dall’atelier)
Beh…mi aspettavo – lo ammetto – un po’ di snobismo, alterigia… quella da winery richiestissima che riceve migliaia di richieste di visita al giorno, tante da doverne rifiutare alcune… ed ero sicura la mia non fosse inserita nella top 10.
Stavo pianificando l’ingresso in un tempio sacro, e me lo figuravo profumato di un mood agli antipodi con l’accoglienza conviviale, casareccia e home made che caratterizza del tutto il mio stile.
Ed invece ho incontrato Laura Cerundolo e mi sono sentita a casa!
Coinvolgente, deliziosa, carinissima. Inclusiva. Una che sa fare molto bene il proprio mestiere ma che soprattutto lo fa con tanta e strabordante passione. Passione che contagia e che Laura riesce a trasmettere con sorprendente naturalezza. Dote rara.
Guida di grande carisma ed invidiabile professionalità, ci ha accompagnato (ero con marito e pargolo al seguito) nella passeggiata alla scoperta della tenuta raccontandoci la storia di famiglia, (e lo ha fatto come se la storia fosse quella della sua di famiglia) colorandola di aneddoti divertenti, particolari dettagliati, delucidazioni sulle tecniche produttive molto precise: uno degli storytelling più accattivanti che abbia mai sperimentato.
Laura ci ha accompagnato, oserei davvero dire tenendoci per mano, prima nella visita alla cantina, lungo i corridoi, attraverso le sale, nelle barriccaie, in quegli spazi suggestivi, colmi di botti piene e di vecchissime bottiglie; stanze memorabili che sembra che ti accarezzino tanto trasudano di mondo rurale, di vite vissute, affetti, di triboli quotidiani scanditi dalla tenacia, dal lavoro, dalla lotta e dalle difficoltà comuni a tutti, ma anche dalla gioia di vivere, dalla cultura da diffondere e condividere, dal rispetto di sé, dal rispetto degli altri e della natura.
E in totale affinità con questi principi, con così imprescindibili autentici valori, Laura ci ha fatti sentire importanti, ospiti graditi, ci ha fatto sentire parte della meraviglia che stavamo ammirando e di questo le sono grata.
Il Museo del Brunello di Montalcino
Poi – moderna Virgilio – ci ha guidato attraverso i locali del Museo della Comunità di Montalcino e del Brunello che, allestito egregiamente all’interno della Fattoria, (copre oltre 1000 metri quadri di superficie), racconta non solo degli antichi mestieri e della vita mezzadrile della campagna senese, ma soprattutto ti dice del vino. Com’è nato il Brunello, chi furono i suoi pionieri, chi gli ideatori della ricetta speciale e chi i padri fondatori, quali le lavorazioni in vigna e cantina, quale il terroir di Montalcino e i suoi molti microclimi.
Questo museo aziendale, nato da un’idea di Stefano Cinelli Colombini è sì una raccolta di cimeli e testimonianze, oggetti, fotografie, documenti, film e pannelli che narrano una storia bella, ma è soprattutto museo aziendale particolarissimo con una marcia in più!
La marcia in più è che l’epopea di un successo è divulgata con parole semplici ed immagini chiare. Impresse sulle mura di locali sì maestosi da lasciare impressionati ma al contempo tanto accoglienti che sembra ti abbraccino mentre ti si srotolano davanti secoli di storia, accadimenti, successi, momenti di gloria che hanno fatto grande il Brunello e la Fattoria.
A concludere questa fantastica esperienza la degustazione: Laura mi ha proposto all’assaggio tutto quanto fosse possibile degustare (e anche per questo le devo grande riconoscenza!). Rosso di Montalcino doc 2019, Brunello di Montalcino docg 2016, Brunello di Montalcino docg Vigna del Fiore 2013, Brunello di Montalcino docg Riserva 2011…delizia del palato, goduria dei sensi, esplosione di battiti del cuore, la quintessenza della gioia per un sommelier!
E sono sempre più convinta che la semplicità sia dote dei grandi. Che il segreto bello del vino buono è la piacevolezza del volerlo condividere. Che l’enoturismo stia tutto nell’arte fine dell’accoglienza genuina. Che a Fattoria dei Barbi c’è tutta.
p.s.
Non posso esimermi dall’includere qui un paio di note del mio assaggio: il Rosso ‘19 piacevole e beverino, fruttato e profumatissimo; il Brunello 2016, figlio di una annata magistrale, ha grande struttura e carattere nerboruto che poggiano su un tannino già estremamente godibile e croccante, che fa presagire un grandissimo potenziale di affinamento; Vigna del Fiore ’13 trovo sia l’espressione dell’ eleganza assoluta capace di slanciare tutta la sua fragrante finezza su note speziate di sottobosco e macchia toscana; la Riserva 2011 è un vino muscoloso e possente, che riempie la bocca e resta, resta, resta in bocca (e nel ricordo) lunghissimo…