Nel vasto giardino di Palazzo Vitelli a Sant’Egidio circondato dalle antiche mura urbiche si è tenuto, dopo un periodo di fermo, Only Wine Festival, manifestazione che riunisce le piccole cantine ed i giovani produttori.
Ottanta gli espositori presenti. Ecco, avrei avuto bisogno di una settimana o più per incontrarli tutti.
Il mio viaggio lungo la penisola italiana parte dalla Liguria.
Roberto Rondelli, il primo banco di degustazione.
Grande amore per la propria terra, si potrebbe sintetizzare l’operato di Roberto. Mi racconta che appena diciottenne da ascolto al desiderio di produrre vino. Riscatta in un primo momento i vigneti del nonno Pepin aggiungendone ben presto degli altri. Vermentino, Pigato e Rossese i suoi vitigni.
Per anni Roberto studia, osserva e sperimenta, si mette in ascolto della natura cogliendone l’essenza.
La prima vinificazione in una cantina affittata. Vini che rappresentano il territorio e nascono da un terreno trattato con prodotti biologici e pratiche biodinamiche. 18.000 le bottiglie complessivamente prodotte. In cantina poca solforosa e lieviti indigeni. Vendemmie svolte in più fasi con vinificazioni che rimangono separate fino all’assemblaggio finale.
Da un vigneto esposto a nord, nella parte più calda e soleggiata della proprietà, proviene il Vermentino di Birbante 2019. Un nome che la dice lunga sul carattere del vino. Decisamente sopra le righe. Vendemmia in momenti separati da tra settembre ed ottobre. Fermentazione spontanea, in parte sulle bucce, 8 mesi in legno di diversi passaggi, minima solforosa aggiunta all’imbottigliamento.
Un Vermentino sorprendente, che strizza l’occhio alla Gallura. Bellissimo il colore giallo paglierino consistente che si presenta al naso con sentori floreali decisi, piccoli fiori bianchi, il gelsomino e l’osmanthus. All’assaggio fresco e sapido, con una buona morbidezza, intensità e persistenza.
Vigna Ciotti, 2019, Pigato. Complessivamente vengono prodotte di questo vino solo 2500 bottiglie. La vigna è collocata in una posizione più fresca. La vite viene potata per ultima, e l’uva viene tenuta il più possibile coperta. Tante attenzioni per un vino che rappresenta benissimo questo territorio.
La fermentazione è spontanea. In alcune annate viene sottoposto a macerazione sulle bucce.
Un profumo di idrocarburo lo rende riconoscibile, un giallo paglierino luminoso e consistente. Note di frutta, mela pesca. Nota floreale di biancospino, nota vegetale di rosmarino e salvia, pietra focaia. Presente il mare con la nota di iodio e poi il miele.
Pura espressione del territorio. All’assaggio fresco, sapido, struttura. Il vino è quasi masticabile. Asciuga la bocca.
Arenaria Dolceacqua 2019, Rossese 100%. Vendemmia manuale seguita da una fermentazione in acciaio ad opera di lieviti indigeni. Dopo la svinatura inizia un affinamento di 6 mesi in acciaio.
Alla vista il vino è rosso rubino scarico. La consistenza lascia pensare ad un vino “estivo”. Al naso floreale e fruttato, profumi di macchia mediterranea, oliva. Ritorna nel calice la nota di mare.
All’assaggio fresco e sapido, non molto persistente ma interessante il sentore di elicriso e pepe che emerge dopo i primi sorsi.
Al sorso sapido, di corpo, acidità presente. Il sorso ne richiama altri.
Tanti gli aneddoti che Roberto e sua moglie mi hanno raccontato, alcuni riguardanti il lavoro, altri invece più intimi e personali.
Lascio il banco di degustazione con la consapevolezza di aver degustato dei vini nati da intensa passione e profondo rispetto per la natura. La terra è solo presa in prestito, è il pensiero che accompagna Roberto in ogni gesto, dalla vigna alla bottiglia.