Ho conosciuto Roberto Anesi, uno dei migliori sommelier italiani, tramite i social, ragazzo molto schivo, riservato, umile ma tanto preparato da attirare la mia attenzione e catalizzare la mia curiosità .
Ristoratore e Sommelier italiano, Miglior Sommelier d’Italia AIS 2017 e Miglior Professionista dell’anno 2019, premio Solidus, Roberto ha tanto da insegnare ma continua a mettersi in discussione, a crescere e non ha mai smesso di studiare.
Il primo incontro con il vino
Tantissimo tempo fa. Essendo nato e cresciuto in un piccolo albergo di montagna di proprietà della mia famiglia, ricordo che già all’età di quattordici, quindici anni ero attratto dalle etichette delle bottiglie di vino che mi divertivo ad ordinare sullo scaffale. Più avanti, poi, appena ho avuto la possibilità di frequentare il corso per sommelier non me la sono fatta scappare! Credo che sia proprio quello il momento in cui ho iniziato a dare al vino una prima “forma” in quella che è la mia esperienza che ora mi porto appresso.
La sensazione anche non sensoriale del primo assaggio
Ricordo una sera in compagnia della mia nonna per una cena con un gruppo di persone che io non conoscevo. Avrò avuto forse diciassette anni ma ricordo che ebbi proprio la sensazione che il cibo che stavamo mangiando stesse davvero molto bene in accompagnamento con il vino che servivo sulle tavolate.
Il ricordo più emozionante legato al vino?
L’ho raccontato tante volte. Ricordo una degustazione da un produttore che, dopo varie ore di racconti ed assaggi, mi diede modo di assaggiare da una botticella l’ultimo vino prodotto dal figlio prima che questo, purtroppo, scomparisse prematuramente. Ricordo l’emozione del momento, il fatto che mi sentissi onorato di poter fare questa esperienza. Mi ricordo tutto di quel momento, dalla luce della stanzetta semibuia al profumo del vino ma soprattutto ricordo la figura severa di questo produttore che in quel momento mi stava offrendo un assaggio di un vino che per lui aveva un valore che andava oltre qualsiasi aspetto terreno.
Quello più effervescente?
Sicuramente sono tanti, sono i ricordi di momenti con tanti amici attorno ad una bottiglia per parlare non solo di vino ma anche della vita, delle passioni.
Raccontami la tua storia
Nasco in una famiglia di albergatori, gestiamo da quasi settant’anni un piccolo albergo nel centro di Canazei. Dal 1994 conduco un ristorante grazie all’aiuto della mia famiglia e di mia moglie. Da pochissimo tempo è diventato tutto nostro. Nel 1997 ho iniziato a fare i corsi per sommelier, dal 2008 sono diventato relatore, attività che svolgo con tantissima passione e che mi permette di trasferire la bellezza di questo mondo. Ho anche intrapreso i corsi del Wset e frequentato per due anni il Master of Wine Institute a Londra. Significativo per la mia formazione anche il mio percorso fatto nel mondo dei concorsi nel quale ho avuto la soddisfazione di arrivare nel 2017 a vincere il titolo di Miglior Sommelier d’Italia dopo aver vinto altri concorsi monotematici ed il titolo regionale. Oggi mi occupo del mondo della sommellerie a 360°, conduco varie serate di approfondimento, scrivo su giornali di settore, ho in piedi alcune consulenze con piccole aziende del settore alberghiero, viaggio tantissimo anche per rappresentare il vino Trentino in tutto il Mondo.
Cosa ha aggiunto e cosa toglie il vino alla tua vita?
Se devo essere totalmente sincero, credo che il mondo del vino abbia contribuito molto alla mia crescita personale. Io ho sempre avuto un carattere riservato e timido ma l’aver intrapreso una serie di percorsi come quello della formazione mi ha portato a dovermi confrontare anche con questi limiti per cercare poi di superarli. Ecco che ho imparato così ad essere più aperto anche se credo di aver mantenuto quella sensibilità di carattere che anche prima avevo.
Cosa ti piace del vino?
Mi piace il suo stretto legame con la cultura, con le tradizioni, con i territori, con la bellezza che per me che sono una bilancia conta sempre. Concordo con chi dice che il vino è l’unica forma d’arte che si beve!
Cosa cerchi di trasmettere parlando di vino?
Sicuramente le storie che hanno colpito me quando l’ho scoperto. Il produttore e la sua personalità, la zona di produzione e le sue caratteristiche, l’emozione del momento in cui anche io ho scoperto quel vino. Cerco di essere sempre semplice nella mia comunicazione perché se vuoi essere troppo tecnico vai automaticamente ad escludere una fetta di persone che potrebbero essere interessate a cosa dici. Attenzione però, semplice non vuol dire superficiale, un buon degustatore deve essere in grado di individuare i tratti distintivi di un vino anche con poche parole.
Qual è il vino che più ti ha colpito?
Il percorso mio personale nel mondo del vino ha seguito gli step di tutti i sommelier, credo. Prima ci si appassiona ai vini strutturati, poi si va verso vini sempre più eleganti e raffinati. Sono quindi continuamente alla ricerca di imparare cose nuove e scoprire nuovi vini, nuovi vitigni. Se devo essere sincero in questo periodo trovo grande soddisfazione nei vitigni del nord tipo il Grüner Veltliner ed anche il Pinot Bianco che nel territorio della mia regione raggiunge espressioni importantissime.
C’è un vino che ti ha deluso e perché?
Deluso no, direi forse direi invece che non è riuscito ad entusiasmarmi. Sono quei vini che non hanno un’identità storica e territoriale, un’anima dalla quale attingere delle storie, quei vini fatti per business puro e semplice.
Mi hai raccontato che hai viaggiato e viaggi molto, hai una strada del vino che più ti sta a cuore?
Forse il ricordo più bello è sempre l’ultimo che vivi ancora nella memoria con nitidezza ed emozione, ti dico allora la Mosella dove lo scorso anno ho potuto passare quattro giorni bellissimi di degustazioni, approfondimenti, chiacchiere con i produttori e con la gente del posto.
Miglior sommelier d’Italia, cos’è la competizione per te?
Eh, che domanda complessa. Per me il titolo di miglior sommelier d’Italia è stato il traguardo di qualcosa che avevo semplicemente sognato all’inizio, poi qualcosa a cui avevo capito di poter aspirare con il passare del tempo ma che i miei ritmi di lavoro non mi permettevano di inseguire in pieno. Ad un certo punto, però, è diventato per me il traguardo che sentivo di dover conquistare per suggellare, in qualche modo, un percorso lungo ed importante come quello che stavo facendo. Devo dire anche che un grave infortunio avuto in bicicletta nel 2014 ha contribuito in questo, cambiando di parecchio i miei punti di riferimento. Ho così puntato quell’obiettivo con tanta concentrazione e con altrettanto sacrificio che ho ampiamente ripagato proprio nel momento in cui mi sono visto mettere quelle fascia tricolore al collo che ho portato per la prima volta, con tanto orgoglio, in Trentino.
L’abbinamento cibo/vino che più ti ha sorpreso?
Sono tutti quelli non convenzionali che riescono a creare curiosità nei tuoi commensali. Ad esempio in questo periodo mi piace molto pensare di abbinare delle tartare, sia di carne che di pesce o delle cruditè in generale con il Gin Tonic per sfruttarne la sua freschezza e preparare poi il commensale ad un vino per le portate successive.
L’abbinamento cibo/vino più stravagante che ti hanno chiesto al tuo ristorante..
Se per stravagante intendi strampalato credo che insalata mista e cappuccino li batta tutti.
Intuizione, tradizione, innovazione cosa significano per te.
Credo che siano tre termini fondamentali per chi fa un lavoro con passione. Credo però che siano necessariamente collegati uno con l’altro, l‘innovazione va bene ma non ci si deve dimenticare della tradizione, l’intuizione è importante ma non deve andare a scapito delle prime due. Gli innovatori rischiano di non essere capiti tanto quanto i tradizionalisti possono sembrare, alla lunga, noiosi. Credo che la vera ricetta sia il giusto equilibrio dell’uno e dell’altro.
El pael, ha una storia molto bella…
Sì, il paiolo di rame per fare la polenta è il nostro simbolo, ed il nome in Ladino (la lingua che parliamo qui attorno al Gruppo del Sella nella 4 valli Ladine) sta proprio a significarlo. Per noi di famiglia è un ricordo molto importante perché mio nonno lo portò di ritorno dalla campagna di Russia alla quale partecipò con tantissimi altri ragazzi che purtroppo non ebbero la fortuna di ritornare. Raramente il nonno ci raccontava di quello che aveva vissuto in quegli anni, ma i pochissimi racconti che ci trasferì furono davvero per noi molto significativi ed anche educativi, tutti noi fratelli ricordiamo con piacere questi momenti e questi racconti. Ecco quindi che ancora oggi questo paiolo di rame è appeso nel centro del mio locale per ricordare questa bellissima storia.
Una parola nel mondo del vino che ti piace
Sono sicuramente tante ma credo che una di quelle più significative sia l’equilibrio. L’equilibrio lo si può trovare in un vino molto importante ma anche un vino semplice, sta ad indicare la giusta interazione fra gli elementi che lo compongono e che quindi ne esaltano i tratti. L’equilibrio per me nella vita è sempre stato importante ed è anche uno dei valori ai quali faccio spesso riferimento nella mia vita di tutti i giorni. Non sono quello che si esalta per niente ma non sono nemmeno quello che si abbatte facilmente, cerco sempre il lato positivo nelle cose ed analizzo anche il rovescio della medaglia. Insomma, credo che si capisca che sono del segno della bilancia!
Con quale produttore di vino usciresti a cena?
Premesso che ho sicuramente avuto la fortuna di andare a cena con tantissimi produttori importanti, devo andare per esclusione e scegliere quelli con i quali non sono mai stato a cena. Ti dico allora che forse Olivier Krug sarebbe una persona con la quale mi piacerebbe andare a cena con la condizione che sia lui a portare i suoi champagne per poterli scoprire attraverso i suoi racconti. So che di certo non berrei male!
Roberto Anesi, miglior sommelier d’Italia 2017, El Pael Ristorante
Via Roma, 58, 38032 Canazei TN