Qualcuno una volta mi disse che avrei “imparato di vino” solo quando avessi conosciuto il profumo del fiore della vite in piena fioritura.
Che avrei avuto il diritto di parlare di vino solo quando fossi stata in grado di riconoscerlo, quel profumo, anche da lontano. Celestiale, mi diceva quell’uomo. Quando gli chiedevo di descrivermelo, mi rispondeva: “Celestiale. Ha il profumo dei campi Elisi.”
Mellifluo e morbidissimo. L’aroma del fiore che precorre il grappolo è inconfondibile. L’infiorescenza, delicatissima, così apparentemente fragile ma dotata di resilienza tale da sopportare tutta la verve incrollabile della natura, ha un profumo unico. Inimitabile. Non replicabile. Non riproducibile nemmeno, ahimè, dalla migliore Maison de Parfum.
Quel minuscolo fiorellino bianco, dai petali piccolissimi, gracile, quasi fatto tutto di stelo finissimo, ha profumo inebriante ed intensissimo. Ti colpisce le narici, tagliente, quasi come una stilettata al cuore, che però sa essere accattivante ed armonica. Totalizzante: quando lo senti ti prende e non te lo scordi più. Dolcissimo, denso, è quasi viscoso. Carico di sentori molteplici variegati, dal biancospino al bergamotto, floreale ma anche speziato, e al contempo zuccherino quasi fosse zucchero filato…
Attendo impaziente quel momento, il percepirlo, per tutto l’anno, forse ancor più di quanto io non aspetti la vendemmia. Vivo con sentimento trepidante l’attesa del momento in cui assaporerò quel profumo, come un intimo momento di benessere, di gradevolezza acuta che punge e stimola le papille odorifere: so che sarà un tuffo al cuore, uno schiaffo sul viso, gradevolissimo. Emozione.
Siamo ai primi di giugno e a Montepulciano il momento è giunto. Il rituale s’è ripetuto stamani. Lo ho avvertito. Mi ha riempito le narici. Ho smesso quello che stavo facendo. D’improvviso. Mi sono bloccata per un istante solo. Mi sono accostata al vigneto. Sono entrata tra i filari. Piano, quasi con timore reverenziale. Ho respirato a pieni polmoni. Mi sono chinata ed ho accarezzato un grappolo. Il petto mi si è riempito di bello e di buono.
Quell’ebrezza dura pochissimo, non più che pochi sfuggevoli giorni, da 4 a 8 per ogni singolo grappolo, complessivamente più o meno una decina di giorni sulla pianta, a seconda dei fattori climatici e del territorio.
La fioritura è il culmine del processo di accrescimento dei germogli e di sviluppo del grappolo: si forma un cluster di piccole bacche, che già plasmano la forma del grappolo che sarà. Queste piccolissime sfere verdi brillanti d’improvviso esplodono e si schiudono i fiorellini. Dapprima nella parte centrale del grappolo, poi alla base, poi nelle estremità e nelle ali. I fiori della vite sono ermafroditi e l’impollinazione avviene grazie alla brezza e agli insetti.
La fioritura avviene generalmente tra i primi di maggio e gli inizi di giugno, a seconda del vitigno, dell’area geografica dove è prodotto e delle condizioni climatiche di riferimento.
Solo una piccola parte dei fiori, tra giugno e luglio, si trasformerà in frutto, non più del 20% : la vite è capace di autoregolarsi ed evita così la dispersione delle sostanze nutritive indispensabili all’accrescimento del grappolo, all’invaiatura e alla maturazione perfetta.
Quell’ebrezza che dura pochissimo, non più che pochi sfuggevoli giorni ha il profumo del paradiso.
Testo e foto di Sara Passeri, Wine Hospitality Manager a La Ciarliana