Terre del principe narra la storia di un territorio generoso e di una coppia che se ne è presa cura, riconoscendone il talento.
La natura campana di Castel Campagnano ha offerto caratteristiche ambientali favorevoli, grande disponibilità di acqua, stratificazione del terreno da storia geologica importante, pianure alluvionali e persino un vulcano da un’attività sotterranea costante, mancava solo un pizzico di amore.
Quello aggiunto da Peppe ed Emanuela con il recupero di vitigni dimenticati, Pallagrello Bianco, Pallagrello Nero e Casavecchia.
I vini di Peppe e Manuela sono vini che richiedono una certa curiosità. Hanno un grande potenziale di invecchiamento e sorprendono chi sa aspettare. Si abbinano a piatti elaborati o a piatti semplici con un solo ingrediente dalla forte personalità. Sono compagni di serate davanti ad un camino acceso. Sono vini che vi possono parlare.
Mi sono approcciata a questi vini, consapevole di degustare un territorio importante dal punto di vista geologico, era alta l’aspettativa e non è stata per nulla delusa.
2018 Pallagrello bianco, le Sèrole, figlio di un inverno mite e di un’estate serena, dopo la vendemmia, il pallagrello inizia il suo percorso di tre mesi in parte in barrique nuova e in parte in acciaio, sei mesi su fecce fini prima di terminare l’affinamento in bottiglia. Giallo paglierino, trasparente, vivace e consistente, al naso è intenso e fine, con sentori di cipria, talco, pesca, nespola ed una nota minerale. In bocca, alcolicità ben gestita, sapidità molto spiccata, emergono note di sambuco e anice. Invita ad un secondo assaggio.
2011 Pallagrello bianco, le Sèrole. Questo vino mi ha davvero sorpresa, dal colore dorato molto vivace, mi ha fatta pensare ad un Sauternes o ad un Tokaji. Bella la sua consistenza, al naso non presenta note ossidative, regalando profumi di frutta gialla matura, spezia dolce, miele, una nota di distillato. Non manca il terreno a farsi spazio tra note di frutta secca, torrone ed un piacevole finale di pasticceria. In bocca grandissima acidità che lascia immaginare sorprese anche in futuro, bocca pulita, sapidità, la parte di gesso del territorio emerge proprio in bocca, asciugandola. Grande persistenza.
2006 Pallagrello bianco, le Sèrole. Questo vitigno dagli acini precisi, quasi disegnati al compasso, regala risultati diversi a seconda della vinificazione. In questa declinazione, con passaggio in legno, il colore è limpido e vivace, al naso il profumo confonde, portando la mente distante. È un vino che porta in terre lontane, sembra un vino dello Jura, frutta secca, curry e zafferano. Il legno da supporto alla componente olfattiva senza coprirla. Rotondo e avvolgente, si caratterizza per una buona sapidità ed una buona salivazione. Pepe bianco, miele ed un’incursione balsamica, tabacco, una nota di distillato, vaniglia. Un vino da meditazione.
2016 Pallagrello nero, Ambruco. Nasce con raccolta manuale delle uve e selezione dei grappoli, si presenta cupo, vivo, rubino violaceo, giovinezza cromatica. Al naso rivela l’inizio di un percorso aromatico, pulito, vinoso, presenta un elegante passaggio in legno. Frutta giovane, viola, geranio, pizzicore, spaziatura, perfino piccantezza. In bocca il tannino ben presente rende la bocca impolverata, tannino giovane, verde. Una sensazione molto particolare, quasi di un talco mentolato all’interno di un vino sapido. Giovane ma con un gran potenziale di invecchiamento.
2008 Pallagrello nero, Ambruco. L’anno di nascita di questo vino è caratterizzato da un anticipo vegetativo, da un marzo piovoso, da buone escursioni termiche. Sorprende perchè alla vista presenta un colore cupo, rosso rubino molto evidente. Queste caratteristiche del colore mi hanno fatto pensare ad un vino che non vuole lasciare la giovinezza. È consistente, si aggrappa al bicchiere. Al naso frutta matura, cannella, carrube, nota erbacea evoluta, liquirizia, cera e cacao, inchiostro, erbe officinali e rabarbaro. Il tannino non è astringente, la liquirizia in bocca si percepisce sottoforma di nota amaricante. Netto contrasto tra l’aspetto visivo e quello gustolfattivo che fanno pensare ad un vino che può invecchiare ancora.
2005 Pallagrello nero, Ambruco. Il 2005 è stato un anno bizzarro per il clima, con inverno molto freddo ed una primavera a più 30 gradi, precipitazioni a luglio e agosto. Ma questo vitigno è riuscito a dare il massimo di sé. Il colore è sano, nonostante gli antociani siano scarichi e lo rendano rosso granato, mattone. Una tonalità davvero molto bella. Il naso porta in Spagna, in Andalusia. Frutta matura, tabacco, pipa, confettura e spezie, foglia di tabacco. In bocca alcolicità ben gestita e grande salivazione. Il tannino è setoso, con trama non allappante, non astringente.
2015 Casavecchia, Centomoggia. Vitigno antichissimo, citato da Plinio il Vecchio nel XIV libro della Naturalis Historia e bevuto nell’antica Roma dai legionari. Le notizie di questo vitigno si perdono poi fino alla fine dell’Ottocento. Sappiamo che in seguito ad una brutta epidemia che ha portato alla distruzione di diverse viti, un contadino, Scirocco Prisco, rinvenne un ceppo di vite ancora vivo e vigoroso, vicino ad un rudere di una casa vecchia di Pontelatone. Da qui ha origine il nome e la diffusione del vitigno, tramite propaggine, nella zona. Bacche rosse e scure, quasi nere in un grosso e lungo grappolo spargolo. Questo vino nasce da una raccolta manuale delle uve, fermentazione in acciaio per quindici giorni e successiva malolattica. Resta un anno in legno, in parte in barrique nuove ed in parte usate. Il colore violaceo fa pensare ad un vino molto giovane, al naso presenta un corredo polifenolico importante. Consistente, già alla vista fa pensare alla sua struttura ed opulenza. Al naso note di concentrazione. Frutta rossa matura, cacao nero, sottobosco, ferro. In bocca tannico, persistente, ottima acidità. Mix che lascia immaginare un lungo invecchiamento.
2010 Casavecchia, Centomoggia. Nonostante una primavera ricca di pioggia, questo vitigno ha avuto una maturazione progressiva e costante. Rosso rubino vivace, consistente, al naso presenta sottobosco, profumo di terra e funghi, foglia, erba officinale e carrube, liquirizia. Il tannino è ben presente ma ben integrato. Fresco, piacevole e persistente. Dopo il secondo sorso emerge la nota di inchiostro.
2005 Casavecchia, Centomoggia. Esce vincente da un’estate capricciosa, questo vitigno. Il colore ne identifica l’età. Rosso granato che mantiene tutti i tratti di una vivace gioventù. Nella sua trama consistente narra di un vino che ha atteso diverso tempo per potersi esprimere e di un tempo che ha arricchito di maturità la frutta, aggiungendo qua e la note di china, di genziana, erbe officinali, tabacco e spezie. Frutta sotto spirito. Su tutte le note, una in particolare mi ha colpita. Un profumo particolare che mi ha ricordato il genepì lontano, geograficamente parlando, ma sorprendentemente vicino, in questo bicchiere. In bocca la carica tannica è ancora ben presente e asciuga. È un vino emozionale, austero e al tempo stesso elegante, un vino che ha molto da raccontare. Un vino da meditazione, per una sera stanca davanti ad un camino.