Non molto distante da casa mia, Torre fornello è una delle realtà più importanti dei colli piacentini, la maggiore azienda vitivinicola privata del territorio.
Si trova a Ziano Piacentino, che è la zona più vitata d’italia, rapporto seminativo/vigneto, nella Val Tidone. Di proprietà della famiglia Sgorbati, Torre Fornello ha una storia secolare.
La prima memoria storica è racchiusa in un documento del 1020, il lascito dei terreni da parte del Diacono Gerardo ad una nobildonna. Da quel momento e lungo i secoli tutte le generazioni hanno mantenuto vivo e forte l’impegno a “conservare” ed ampliare. Un impegno che passa anche attraverso l’atto notarile, del 1862, in cui Donna Luigia Scotti Douglas, vedova del Conte Zanardi Landi Granduca di Toscana, lascia la proprietà alla figlia con la raccomandazione di non frazionarla mai.
La famiglia Sgorbati acquista intatta Torre Fornello nel 1982. Viticoltori, da sempre, sui territori circostanti, aumentano così i loro possedimenti.
La storia più recente di questa cantina vede due momenti importanti: il primo nel 1992 con l’ingresso in azienda di Enrico Sgorbati. Dopo aver lavorato e imparato il “mestiere” presso l’azienda vitivinicola di una cliente, cambia direzione e si mette quindi in proprio. Il secondo momento importante è il 1998, anno in cui lo stesso Enrico, ristruttura il complesso di famiglia aggiungendo soluzioni contemporanee nel pieno rispetto del contesto antico.
Ristrutturazioni che mettono in evidenza ed esaltano la bellezza di alcuni elementi come il fienile, le scuderie, la chiesa secentesca. È sempre del 1998 la nascita del brand “Torre Fornello”.
Prende con sé un grande enologo, Lanati e in controtendenza alla “globalizzazione” sceglie di produrre vini unici. Grazie a Attilio Scienza, mette in atto un vero e proprio restyling del vigneto.
Gli ettari vitati sono 73, suddivisi in due poderi, di cui uno, La Bernasca, totalmente a conduzione biologica certificata.
Torre Fornello vinifica esclusivamente le proprie uve, ” non compro uva, non compro vino, faccio con quello che la natura mi da, questa è una storia d’amore, non un lavoro” mi dice Enrico.
La produzione è passata dalle 20.000 alle 450.000 bottiglie, quasi tutte destinate ai mercati esteri. Spagna, Tokyo, Stati Uniti con New York, San Francisco, Miami e poi Londra, il Kazakistan, il Canada e un poco la Germania. Le bottiglie di Torre Fornello finiscono sui tavoli della ristorazione di alto livello, in ristoranti stellati. Tanti i vini prodotti grazie ai quali è possibile cogliere le innumerevoli sfaccettature di questo territorio. Dai vini frizzanti che identificano la zona e che provengono dalla tradizione contadina si passa a vini più ricercati, dal carattere unico.
Torre Fornello predilige la tecnologia alla chimica. Lieviti indigeni. Molto importante è la gestione delle temperature calde e fredde. Le fermentazioni terminano a temperature controllate. Talvolta anche a 30° dove la temperatura fa da “solvente” per il colore.
L’azoto viene impiegato in tutte le fasi di produzione, risulta fondamentale nella prima fase di fermentazione. La riduzione protegge il vino e lo rende più longevo. L’ossigeno viene aggiunto solo se necessario. L’impiego dell’azoto porta a un minor impiego di solforosa. L’azoto viene impiegato anche per asciugare e sterilizzare le bottiglie. Prima vengono riempite con azoto e poi con vino.
Originale Olubra, Metodo Classico di uve Marsanne (dalle truppe di Napoleone) per il 90%, vitigno difficile e insolito per questo territorio, con un saldo di Malvasia di Candia, “acerba”, vitigno dagli aromi molto intensi e con grandissima acidità. Questo spumante prende il nome dal torrente del fondovalle: Lora. In passato, dalle mappe napoleoniche si chiamava Olubro. Esondando lasciava tutto intorno ciottoli che conferiscono al vitigno grande personalità. Elegante, bolla fine e persistente. Sentori particolari di alga, conchiglia mare. Grande sapidità. Particolare e raffinato. Unico a utilizzare il Marsanne al 90% in un Metodo Classico.
Donna Luigia, Malvasia di Candia aromatica. Particolari i passaggi con cui si ottiene questo vino. Il 40% viene sottoposto a macerazione a freddo, il 50% viene vinificato in bianco, il 10% delle uve viene raccolto a dicembre dopo attacco di botrite. Il 20% della massa vinificata in bianco fa un passaggio in legno. Dopo 9 mesi vengono unificate le 4 vinificazioni. Al naso aroma, in bocca grande acidità. Intenso e complesso al naso, con sentori di Litchi, frutta candita, anice stellato, basilico, profumi dolci, panettone e una nota di idrocarburi. Un vino che si presta a parecchi abbinamenti: dal baccalà, al pesto, dalla carne cruda ai caprini, perfetto con la cucina asiatica.
Nero lucido 2012, Pinot Nero in purezza. Un vino davvero interessante. Nasce da un vitigno sperimentale per l’Università Cattolica, clone molto particolare. Da un terreno ricco di limo, magnesio e calcare. Il Nero Lucido enfatizza le caratteristiche del vitigno.
La macerazione sulle bucce è di 25-30 gg. e vengono prodotte solo 2500 bottiglie. L’affinamento avviene in barriques nuove. Il titolo alcolometrico è di quasi 16°. Un Pinot nero che stupisce. Assolutamente atipico. Profumo intenso e complesso. Note fruttate di mora e marasca, spezie dolci, menta, rabarbaro, erbe aromatiche, timo e liquirizia. Quasi tannico ma suadente. Acidità e freschezza. Il colore è assolutamente in controtendenza.
Una visita che vi consiglio di fare in compagnia proprio di Enrico.
Arrivando a Torre Fornello l’attenzione viene catturata dalla bandiera segnavento in ferro battuto con simboli astrali; 3 stelle a otto punte ed un pianeta elissoidale al centro, ricordo forse dei vecchi proprietari, principi di Napoli, Sanseverino, alchimisti e studiosi delle stelle. Un simbolo ripreso sulla pavimentazione della terrazza affacciata sulle vigne e dall’etichetta, anche se qui, come specifica il titolare, si vuole tralasciare tutta la parte misteriosa attribuendo alle stelle un senso particolare.
Si vedono nella stella i punti cardinali del gusto: il nord e il sud, l’est e l’ovest ovvero i quattro sapori fondamentali percepiti dalle papille gustative: amaro, acido, dolce e salato.
Splendida la cantina sotterranea in cui affinano gli spumanti. Affascinante la torre. Sembra che sia abitata dal fantasma di una giovane nobildonna, bruciata sul rogo in seguito all’accusa di stregoneria. Sembra anche che si aggiri tra le antiche stanze del palazzo.