Per chi, come me, ha fatto dell’enoturismo il proprio mestiere, ed è soprattutto incallita enoturista e wine lover curiosa, ci sono cantine da visitare, almeno una volta nella vita. Perché Monumentali.
Beh, Bertani – Valpolicella – è una di queste!
Bertani, che sorge nella zona di produzione del Valpolicella in provincia di Verona, si sa, è indiscutibilmente uno dei gruppi più autorevoli nel comparto vitivinicolo italiano; se le aziende che ne fanno parte hanno fatto la storia vitivinicola dei vini rossi italiani, grazie ai vitigni autoctoni della zona, nei rispettivi territori di appartenenza e sono modelli da imitare e cui ispirarsi, quella di Grezzana fa da capofila.
In un torrido lunedì di inizio estate, finalmente, l’ambita occasione di visitare questo mito del vino della Valpolicella mi si concretizza tra le mani: sono al settimo cielo. La zona è quella collinare in provincia di Verona, famosa per la coltivazione della vite e la produzione del valpolicella classico superiore.
All’arrivo ho il batticuore, e, non lo nascondo, sono anche un po’ in imbarazzo. Le dimensioni dell’ingresso sono imponenti, gli ampi ariosi spazi del corridoio d’accesso curatissimi, profilati di ulivi graziosi, le architetture sono pulite, armoniche e regolari. Subito mi si fa incontro Ilaria, che sarà, in questo atteso percorso enoturistico, il mio Virgilio: cordiale, aggraziata, molto professionale, mi accoglie e comincia a raccontarmi la storia dell’azienda; (è anche simpaticissima…siamo già diventate amiche!!).
Camminiamo attraversando i vecchi locali di fermentazione delle uve, con le vasche storiche che risalgono ai primi anni del ‘900, in un gran bel colpo d’occhio, si respira la storicità di questa realtà produttiva, che affonda le proprie radici in oltre un secolo e mezzo di storia, che trasuda da ogni dove.
Poi ci avviciniamo alle vasche moderne in acciaio e ai tini troncoconici di legno. Si avverte armonia, si vede la tanta perizia e la scrupolosità nella produzione. Gli ambienti sono suggestivi, i soffitti alti, i locali imponenti. Si percepisce il profondo valore dato all’ umano, il rispetto di ciò che è stato appreso dalla tradizione ed il costante impegno che, con occhio sempre attento all’innovazione, punta alla qualità.
Mi hanno colpito gli spazi dedicati all’allestimento di un piccolo e curatissimo museo aziendale, che testimonia quanto i moderni manager (stimatissimi e di fama internazionale) siano rimasti fedeli all’autentica identità ed alla filosofia aziendale che si concretizza nel rispetto della tipicità del territorio: i vecchi arnesi per la manutenzione delle botti, le vecchie tappatrici, la vecchia reception del conferimento uve, i graticci per l’appassimento, vecchi registri e foto d’epoca.
Ma anche poster pubblicitari ed attrezzi buffi di cui difficilmente s’intuisce senza spiegazione la funzionalità. Poi entro finalmente nella bottaia…dove riposa l’Amarone, nella bottaia (con legni a misura particolarissima) e mi avvio lentamente tra le botti grandi nelle salette laterali, collegate da vivaci corridoi arancioni decorati con nicchie da cui occhieggiano statue dal sapore ellenistico, e arrivo al caveau: qui riposano le bottiglie di invidiabili annate storiche.
L’impressione è quella di aver passeggiato nel mito, in un luogo senza tempo, che varrebbe la pena anche solo di un tour muto, in un percorso monumentale.
S’arriva infine alla desideratissima degustazione, in una bella sala ampia e luminosa, i vini superbi, inutile scriverlo.