Ilaria Petitto nasce tra vino e vitigni ma studia legge per assecondare il desiderio dei suoi genitori che la desiderano notaio.
La vita lavorativa di Ilaria Petitto però non è nelle quatto mura di uno studio, bensì negli spazi aperti disegnati dai filari che ad ogni cambio di stagione si colorano di nuove sfumature, dove nascono i vini Donnachiara.
Il lavoro di Ilaria non è fissare gli appuntamenti con i clienti, ma presentarsi puntuale a quelli dettati dalla natura.
Lo capisce quando rientrando a Roma, dopo una breve vacanza in famiglia, sente, fortissimo, il richiamo delle sue terre, al punto di abbandonare la città eterna per trasferirsi definitivamente nel suo luogo di origine.
Qui nel vigneto tramandato di generazione in generazione aiuta la madre nella produzione di vino. L’ingresso di Ilaria in cantina segna per l’azienda l’inizio di una nuova epoca. Grazie alle scelte importanti e lungimiranti di Ilaria, i vini Donnachiara penetrano nuovi mercati nel mondo e conquista la critica internazionale.
Il mondo del vino è un mondo che hai sentito subito tuo?
Potrei definirlo un colpo di fulmine! L’innamoramento è stato quasi istantaneo poi però mi sono dovuta preparare e lo sto ancora facendo. Non si finisce mai di imparare.
Il primo ricordo legato al vino?
I miei ricordi legati al vino sono ricordi d’infanzia. La famiglia di mia madre possiede questa tenuta da sempre e mio nonno ai tempi aveva i coloni che abitavano in campagna e producevano per lui, anche il vino. Mi ricordo che per me la casa dei nonni in paese era un luogo misterioso. Loro avevano una cantina, con delle botti grandi, dove conservavano il vino, ed in quella cantina c’era un profumo meraviglioso.
Il primo incontro con il vino, il primo assaggio.
Da bambina il vino è sempre stato in casa nostra, ho partecipato a tante vendemmie in campagna e mi ricordo le tavolate dei contadini, meravigliose. Era divertente poi, almeno, odorare il bicchiere.
Il secondo? È stata una conferma?
Per un lungo periodo in cui mi sono allontanata da Avellino per i miei studi Universitari, ho molto spostato la mia attenzione. Il vino non ha rappresentato per lungo tempo un interesse, direi che il secondo vero assaggio lo faccio coincidere con l’innamoramento che ho avuto verso questo lavoro, con il corso di sommelier, con la fusione con il vino.
Cos’è il vino per te?
Direi che è cultura, è tradizione e storia di questo meraviglioso paese. È al tempo stesso qualcosa di semplice, legato alla natura, ma anche un prodotto complesso e affascinante. È vita, è scoperta, è passione, è convivialità, è un viaggio intorno al mondo, è tutto un mondo!
Il ricordo più emozionante legato al vino
La mia prima vendita importante all’estero.
Un aneddoto legato al vino che ti sta a cuore?
Sempre la prima vendita importante, all’estero, lo racconto spesso.
Torno da un viaggio in USA e mi trovo alla Prowein quando mi arriva questo mio primo ordine di 35 pallet (21.000 bottiglie, i primi vini Donnachiara). Ero felice ed orgogliosa di me stessa, dopo tanti sforzi.
Mio padre invece, era convinto che mi stessero truffando, che fossi giovane ed inesperta. Per cui mi disse che non avrebbe fatto uscire neanche una bottiglia dalla cantina.
Ero furiosa. Dopo tante discussioni riuscimmo a far uscire la merce con un pagamento per metà anticipato e per metà assicurato.
Una storia legata al vino che ti sta a cuore?
Quella di Marilisa Allegrini che ho letto quando WineSpectator le ha dedicato la copertina, mi ha ispirato molto.
Raccontami la tua storia senza vino
Probabilmente avrei fatto il Notaio, ma ripeto non mi appassionava, mi sarei vista molto meglio come business woman in qualche multinazionale sicuramente all’estero.
Nel 2005 un importante cambiamento in cantina. Cosa è rimasto del passato e cosa è stato cambiato.
Io ho subito voluto mettere molto di me in azienda. Ho subito cambiato l’etichetta scelta da mia madre, e che io ritenevo troppo tradizionale. Sono stata molto criticata inizialmente, per le scelte estetiche, ritenute troppo moderne. Ma io amo il design moderno: Less is more. Del passato rimane la storia ma il resto è tutto da scrivere, non senza confronti e scontri ma siamo andati benone.
L’azienda è dedicata ad una donna, è sempre stata un’azienda al femminile?
Si l’azienda è dedicata alla nonna di mia madre “Donna Chiara”. Mia madre porta il suo nome e mia figlia si chiama Chiara, come mia madre. Insomma la tradizione continua. La nonna di mia madre era una donna molto moderna per i suoi tempi, i primi del 900.
Cotarella, scelta ben precisa, un punto di svolta?
Un punto di svolta importantissimo sotto il profilo della qualità, del metodo, dell’organizzazione, della capacità di consentirci di massimizzare i risultati in termini di qualità. Avrei dovuto fare questo passo prima.
Raccontami il territorio dei tuoi vini
Il territorio è l’Irpinia, la verde Irpinia, un territorio sconosciuto ai più. Un territorio all’interno della Campania, straordinario, poiché circondato da montagne, da colline con boschi e corsi d’acqua. Pieno di foreste, di alberi da frutta secca.
Un territorio selvaggio e pressoché incontaminato, che nessuno si aspetta in Campania. Terroir unico in Italia, misto, vulcanico, ma anche calcareo e tufaceo in alcune zone, molto ricco di minerali, capace di esprimere grandi vini.
Dove nascono i nomi dei vini Donnachiara?
I nomi nascono da una base di cultura che è sempre fondamentale in tutte le cose ed in tutti settori. I miei genitori prima che imprenditori sono entrambi ex professori , mio padre di storia e filosofia e mia madre di italiano e latino. Le nostre sono etichette di concetto. Sarò felice di raccontargliele nel dettaglio brevemente.
Resilienza nasce dal fatto che oltre al vino abbiamo aziende anche nel settore dei metalli e resilienza ne misura l’indice di resistenza agli urti. Da li siamo partiti per parlare di Resilienza del popolo Campano e di vino.
Empatia, un altro concetto importante in un mondo individualista, dove ciascuno è concentrato su se stesso, vorremmo che ci fosse maggiore capacità di ascoltare e di immedesimarsi negli altri, il Fiano di Avellino è senz’altro un vitigno empatico e forse il vino aiuta e stimola l’empatia.
Alètheia è la veritas Greca la verità a cui si arriva attraverso l’esperienza, togliendo il velo delle false credenze, dell’ignoranza, per un vitigno come il Greco, forse mai compreso nelle sue potenzialità.
Le etichette dei vini Donnachiara, come nascono?
Nascono dallo studio, dal confronto, dagli stimoli
Avete ricevuto numerosi riconoscimenti
Moltissimi, dai tre bicchieri per gli ultimi quattro anni consecutivi, all’essere stati due volte nella classifica dei migliori cento vini al mondo di WineSpectator, all’essere recensiti da tutti i più importanti critici internazionali di vino.
Il vino che ti assomiglia di più
Sono come dei figli per me, ci metto tutta me stessa ed il complimento più bello che ricevo è quando mi dicono che i miei vini mi assomigliano. Li amo tutti.
Hai avuto un momento in cui hai detto “basta” e cosa ti spinta ad andare avanti?
Ho avuto ed ho continuamente momenti difficili, è un settore molto difficile, a differenza di come appare.
Per un’azienda giovane, praticamente sono solo sacrifici e le soddisfazioni sono solo morali e non economiche. Però è una sfida continua con se stessi ed io sono competitiva per natura.
Più difficile è la sfida, maggiori le gioie.
Una parola nel mondo del vino che ti piace
EQUILIBRATO perchè è uno dei risultati più difficili da ottenere nel vino.
Una che ti rappresenta
Vorrei che la parola equilibrato mi rappresentasse, perché è altrettanto complesso per una persona riuscire ad esserlo.
Se i tuoi vini fossero delle canzoni?
Sarebbero canzoni di Lady Gaga una grande artista che ha studiato, che ha faticato per arrivare dov’è, che non è mai banale.
Un film?
Un film è difficile forse “L’amica geniale“
Mi piacerebbe fossero capaci di questo: di dare un contributo ad una Regione che in fatto di vino deve ancora vivere il suo riscatto.